Dopo il varo del nuovo dpcm le Regioni sollevano preoccupazioni per la gestione dei trasporti pubblici, per potere conciliare salute pubblica ed efficienza dei servizi. In questo senso, nelle prossime ore ci sarà una riunione al Ministero dei Trasporti. Le Regioni chiedono sussidi per 300 milioni di euro. Ridurre la capienza di bus e metro, secondo le associazioni di categoria, lascerebbe a piedi circa 275mila persone al giorno.
Negli allegati al dpcm viene confermata una capienza massima per i trasporti pubblici “non superiore all’80%”, che però, fanno notare dal Cts, in molti casi si è già tradotta nel 100%. Ecco perché gli scienziati avevano chiesto che si tornasse ad un’occupazione del 50%. Una percentuale che, secondo l’Associazione delle aziende del Tpl (Asstra), penalizzerebbe gli utenti. Il Cts, nell’ultima riunione con il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha ribadito “l’assoluta necessità” dei controlli su bus e metro, rilanciando una serie di proposte fatte già a maggio, come lo scaglionamento degli ingressi, l’apertura delle Ztl e un ulteriore potenziamento dello smart working. Misure che questa volta forse verranno prese in considerazione.
Bonaccini: “Sui trasporti pubblici le Regioni non hanno colpe”
Sulla questione è intervenuto Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni. “Dobbiamo fare tutto il possibile per mantenere la didattica in presenza. L’idea della didattica a distanza per le superiori è stata ipotizzata legittimamente da alcune Regioni come rimedio estremo qualora il governo avesse deciso di ridurre la capienza attualmente prevista per i mezzi di trasporto pubblico. Prima di rimettere i ragazzi a casa va esperita ogni altra possibilità“.
Sui trasporti “l’attuale capienza“, spiega a Repubblica, “è stata condivisa per tempo con il Comitato tecnico scientifico, insieme alle regole di sicurezza da adottare sui mezzi, a partire dall’uso obbligatorio della mascherina. Dopo il riavvio delle scuole, di tutte le attività economiche e dei servizi, permette di garantire un servizio che non lasci nessuno a terra. Ma siamo pronti a raccogliere e vagliare altre proposte”.
Zaia: “Programmare la didattica a distanza per evitare stop totali”
Anche il Veneto ha fatto sentire la sua voce su questo delicato tema. “Se è vero lo scenario che prefigura il governo, anche se in via prudenziale, non possiamo non pensare di mettere in sicurezza anche il mondo della scuola. Quindi io, con il massimo rispetto e in punta di piedi, ho posto la questione. Tanto che ne ho parlato nella sede più corretta, con i colleghi governatori la cui reazione è stata assolutamente positiva”, ricorda Luca Zaia in un’intervista al Corriere della Sera.
“Con la chiusura delle scuole sono andate in tilt le famiglie che hanno figli minori. Allora perché non valutare in via preventiva un eventuale piano per fare formazione a distanza alternata a lezioni in presenza con i ragazzi più grandi, dai 16 anni in su?”, si chiede il presidente della Regione Veneto. “Parliamone ora perché serve il tempo di mettere a punto anche tutta la parte tecnologica: si chiama programmare e ottimizzare”.