Sembra non finire mai la crisi all’interno del ministero della Cultura, dopo l’addio del capogabinetto rischia anche il sostituto di Sangiuliano?
La crisi all’interno di Fratelli d’Italia e del governo Meloni si intensifica ogni giorno, spinta da scandali, dissapori e accuse reciproche. Al centro di questa situazione complessa troviamo Alessandro Giuli, ministro della Cultura, coinvolto in una serie di vicende che stanno scuotendo il partito e mettendo a dura prova la stabilità dell’esecutivo. Dalle dimissioni di Francesco Spano, direttore del MAXXI, alle polemiche interne con figure di spicco del partito, fino alle rivelazioni della trasmissione Report, le tensioni continuano ad accumularsi, rivelando una realtà politica tumultuosa e in costante evoluzione. Il punto cruciale, secondo quanto dichiarato dalla presidente Giorgia Meloni, è “restare compatti” per evitare che la situazione “rischi di finire fuori controllo”.
Le pressioni su Alessandro Giuli, già sulle soglie delle dimissioni, nascono in parte dal caso legato a Francesco Spano. Giuli avrebbe infatti insistito per affidare a Spano il ruolo di direttore del MAXXI, una decisione che non è stata ben accolta da alcuni esponenti di FdI, come Isabella Rauti e Giovanbattista Fazzolari. Quest’ultimo, nonostante le smentite, viene spesso indicato come il principale oppositore di Giuli all’interno del partito. Meloni, per evitare ulteriori tensioni, ha cercato di arginare la situazione, invitando Giuli a resistere e mantenere l’incarico, sottolineando la necessità di una linea unitaria. “Dobbiamo rallentare. Trovare soluzioni, collaborare. Evitare che questa storia ci sfugga di mano e metta in difficoltà il governo”, avrebbe detto la premier in una recente conversazione telefonica con Giuli.
Tuttavia, il caso Spano ha alimentato non solo dissapori interni ma anche indiscrezioni e gossip, con accuse pesanti diffuse sui social e in alcune chat del partito. In una di queste chat, ad esempio, un dirigente romano di FdI ha usato termini offensivi verso Spano, definendolo un “pederasta”. La situazione è esplosa quando il caso è emerso pubblicamente, costringendo il dirigente ad abbandonare il proprio incarico. A complicare ulteriormente la vicenda, si aggiunge il ruolo del marito di Spano, Marco Carnabuci, anch’egli coinvolto nel MAXXI e difeso apertamente da Giuli. Questa difesa ha suscitato malumori in una parte del partito, che considera la scelta di Giuli un azzardo, soprattutto alla luce della campagna di Report pronta a gettare nuova luce su questi legami.
Ma il caso Spano non è l’unica questione spinosa. Da mesi, un altro confronto infiamma le fila di FdI: quello tra Antonella Giuli, sorella del ministro della Cultura e collaboratrice della Camera, e Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura. Tra i due, il clima è ormai da tempo teso e, nel Transatlantico di Montecitorio, una recente lite pubblica ha reso evidente quanto la situazione sia compromessa. Mollicone ha accusato Antonella Giuli di “minacce”, mentre lei ha risposto definendolo “una persona piccola piccola”. Sebbene Mollicone abbia poi dichiarato che “mi ha provocato ma ora mi dispiace”, la situazione tra i due rimane irrisolta e ha ripercussioni sull’intero partito. È interessante notare come Antonella Giuli sia vicina ad Arianna Meloni, sorella della presidente del Consiglio, il che aggiunge un ulteriore livello di complessità all’interno del partito.
Un’altra questione controversa riguarda la mostra sul futurismo, prevista alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna (GNAM) di Roma, organizzata da Giuli in collaborazione con alcune figure vicine alla destra italiana. Il progetto, inizialmente affidato a Fabio Benzi, è stato successivamente modificato dal ministro della Cultura Sangiuliano, che ha scelto di collaborare con Alberto Dambruoso e Gabriele Simongini, inserendo nel comitato scientifico anche figure come Federico Palmaroli, noto per le sue vignette satiriche. Questo cambiamento ha suscitato proteste, soprattutto perché alcune opere di Fabrizio Russo, vicino a Mollicone, sono state aggiunte nonostante non appartenessero al periodo storico del futurismo. “Chi non si adegua rischia. Perché loro sono lo Stato”, avrebbe detto Simongini in una chat privata, secondo quanto riportato. Il progetto ha visto l’esclusione di circa 300 opere originariamente previste, alimentando ulteriormente le polemiche.
Il rapporto di Giuli con altri membri del partito è complesso, tanto che la sua posizione è considerata quasi “estranea” a FdI. Alcuni lo vedono come un outsider, una figura scomoda da gestire, mentre altri lo supportano, ritenendo che la sua permanenza sia fondamentale per la stabilità del governo. “Se va a casa lui, andiamo a casa tutti”, ha dichiarato un ministro, sottolineando l’equilibrio precario che caratterizza l’esecutivo in questo momento. Meloni, infatti, si trova nella difficile posizione di dover bilanciare il mantenimento della stabilità interna con il desiderio di evitare ulteriori scandali. Nessuno sembra voler cacciare Giuli, ma la sua figura viene costantemente monitorata per prevenire nuove gaffe.
Il dissenso nei confronti di Giuli è palpabile: la sua nomina è stata osteggiata sin dall’inizio da Isabella Rauti e Fazzolari, contrari alla scelta di Spano e alla linea culturale adottata dal ministro. Tuttavia, l’insoddisfazione va oltre queste divergenze, poiché esiste una fazione del partito, che auspica apertamente le sue dimissioni. Le tensioni sono acuite dalla presenza di diverse correnti e dalla lotta per il controllo del partito, in cui giocano un ruolo decisivo i rapporti personali e le alleanze politiche.
L’intera vicenda ha messo in luce le difficoltà di Meloni nel tenere unito il partito e nel gestire scandali che minacciano di compromettere la sua credibilità. Se Giuli dovesse dimettersi o essere sollevato dall’incarico, le conseguenze potrebbero rivelarsi devastanti per l’immagine del governo, specialmente considerando le già numerose polemiche che hanno coinvolto i ministri della Cultura. L’ordine di scuderia rimane quello di minimizzare la questione, addossando le colpe a una presunta “campagna orchestrata dalla sinistra”. Con l’episodio di Report pronto a sollevare ulteriori dettagli, gli attriti interni, i giochi di potere e le alleanze fragili, il futuro di Giuli appare incerto, così come quello del governo. In un clima politico in cui l’apparenza di unità viene sempre più minacciata dalle rivalità e dalle divisioni, la crisi di FdI sembra destinata a peggiorare.
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