Il governo Meloni lavora a un decreto legge per superare l’impasse successiva al rientro dei migranti trasferiti nei Cpr albanesi
Il caso dei migranti trasferiti in Albania e successivamente riportati in Italia ha innescato un duro scontro tra il governo guidato da Giorgia Meloni e la magistratura, oltre a rafforzare il conflitto con l’opposizione. Il trasferimento di dodici richiedenti asilo verso l’Albania, bocciato dal Tribunale di Roma, ha riacceso il dibattito sulla gestione dei flussi migratori e sulle competenze della magistratura in materia di immigrazione.
In risposta alla sentenza che ha annullato il trasferimento dei migranti, il governo ha iniziato a lavorare a un decreto legge che verrà discusso in Consiglio dei ministri. Questo decreto punta a rendere l’indicazione dei “Paesi sicuri” una norma primaria e non più secondaria, in modo da garantire un maggiore controllo sulla destinazione dei richiedenti asilo. Attualmente, la lista dei Paesi sicuri è aggiornata annualmente tramite un decreto ministeriale, che però, come evidenziato da Silvia Albano, giudice della sezione immigrazione del Tribunale di Roma e presidente di Magistratura Democratica, è subordinato a Costituzione e normative UE. “Ai giudici spetta verificare se il Paese sicuro possa essere effettivamente considerato tale in base a quanto stabilito dalla legge”, aveva già sottolineato Albano, facendo riferimento alla necessità di esaminare ogni singolo caso alla luce delle normative vigenti.
Le decisioni della magistratura hanno provocato una reazione furiosa all’interno del governo. Il vicepremier Matteo Salvini ha attaccato duramente le “toghe politicizzate”, sollevando questioni legate alla responsabilità dei magistrati nelle conseguenze di tali decisioni. “Se uno di loro domani commettesse un reato, uno stupro, paga il magistrato che lo ha riportato in Italia?”, ha dichiarato Salvini, accusando apertamente i giudici di mettere a rischio la sicurezza del Paese. L’invito del leader della Lega è stato quello di mobilitarsi contro quelli che considera atti di “politicizzazione” della giustizia.
Anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è intervenuto nel dibattito, criticando duramente il ruolo della magistratura in questa vicenda. Nordio ha definito la decisione del Tribunale di Roma “abnorme” e ha chiarito che la politica, che rappresenta la volontà popolare, deve intervenire se la magistratura “esonda dai propri poteri attribuendosi delle prerogative che non può avere, come quella di definire uno Stato sicuro”. Nonostante Nordio abbia cercato di sminuire l’idea di una vera e propria “guerra” tra governo e magistratura, i toni accesi hanno alimentato ulteriori polemiche.
Le opposizioni non hanno esitato a cogliere l’occasione per attaccare l’esecutivo. Il Partito Democratico ha richiesto le dimissioni del ministro Nordio, mentre Italia Viva ha annunciato l’intenzione di denunciare la presidente del Consiglio alla Corte dei Conti per i costi relativi alla gestione dei Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) in Albania.
Il decreto che il governo intende varare lunedì non si limiterà a ridefinire i criteri per l’indicazione dei Paesi sicuri. Infatti, è prevista anche una revisione del sistema di esame delle domande di asilo e dei meccanismi di ricorso, con l’obiettivo di snellire le procedure e rafforzare il controllo sui flussi migratori. “L’operazione Albania andrà avanti regolarmente”, hanno dichiarato fonti dell’esecutivo, confermando la volontà del governo di proseguire con la strategia di collaborazione con il Paese balcanico.
Nel frattempo, il Cpr di Gjader in Albania, dove erano stati trasferiti i dodici migranti, si è svuotato, ma la prossima missione verso Shengjin dipenderà anche dalle condizioni del mare. Il governo, comunque, non sembra intenzionato a fare marcia indietro sul piano per gestire i migranti attraverso il trasferimento verso Paesi terzi considerati sicuri.
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