I problemi avuti da Fedez in occasione del Concertone del Primo Maggio hanno riportato l’attenzione generale sul Ddl Zan, tema già caldissimo da settimane e ora divenuto il vero e proprio argomento del giorno. Ma perché la questione è così divisiva? Per rispondere a questa domanda, spieghiamo più nel dettaglio il contenuto del disegno di legge.
Cosa è un “disegno di legge” e perché il Parlamento si è spaccato
Il Ddl Zan presenta questa sigla appunto perché è un “disegno di legge“. Differisce dal “decreto legge” (individuato dalla sigla “Dl” e di cui tanto si sta parlando in questi mesi di pandemia), perché quest’ultimo è adottato direttamente dal Governo, e vale solo per un periodo di tempo provvisorio. A meno che, nel frattempo, non sia il Parlamento a convertirlo in legge vera e propria. Il “disegno” e la “proposta di legge” sono invece testi prodotti rispettivamente da esponenti del Governo e da uno o più parlamentari, che devono essere votati dal Parlamento per diventare una Legge dello Stato. In caso contrario, il loro contenuto non sarà mai applicato.
Ecco il motivo del dibattito sul Ddl Zan, che nasce su iniziativa del deputato Alessandro Zan del Pd e deve passare attraverso i “sì” oppure i “no” dell’intero Parlamento. Ma non è così facile, considerando la polarizzazione dell’argomento nell’opinione pubblica. E lo si capisce già dal titolo del testo stesso: “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità“.
Il contenuto e l’obiettivo del Ddl Zan
Il Ddl Zan parla chiaro, e afferma che “per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico. Per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso. Per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi. Per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso. Indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione“. Temi antropologici e anche etici, e che una fetta del Parlamento (e non solo) storicamente rigetta.
L’obiettivo del ddl Zan è quello di modificare gli articoli 604-bis e 604-ter del Codice penale in materia di violenza e discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere. Lega, Fratelli d’Italia e alcuni rami cattolici di destra, centrodestra e anche del centro sono contrari. Ritengono infatti sufficiente quanto stabilito dalla Legge Mancino contro reati e discorsi di odio fondati su nazionalità, etnia e credo religioso. Pd, M5s, Leu e Italia viva, invece, da tempo chiedono che il Parlamento si occupi della questione. E il 4 novembre 2020 è arrivato il sì della Camera al provvedimento.
Qualora il ddl Zan ottenesse l’approvazione del Senato, la legge entrerebbe in vigore. In questo caso sarebbero introdotti nuovi reati di violenza e discriminazione, con pene pecuniarie e anche fino a quattro anni di reclusione. Sarebbero poi stanziati quattro milioni di euro all’anno per iniziative di contrasto al fenomeno e una giornata nazionale contro le discriminazioni (il 17 maggio).