Mancano ormai soltanto quattro giorni allo showdown, ma le quotazioni di una crisi di governo che sfoci in elezioni tra fine settembre e inizio ottobre sono sempre più in salita. Le divisioni diventano più marcate. Il Movimento 5 Stelle guidato da Giuseppe Conte continua ad essere attraversato da profonde tensioni avvicinando le urne. Ritirare o meno la delegazione al governo è la domanda che manda in tilt i pentastellati. Nelle stesse ore in cui Salvini e Berlusconi chiudono a qualsiasi ipotesi di poter continuare a sedere insieme ai 5S nell’esecutivo. Il Partito Democratico, che continua a sperare in un ripensamento di Draghi, resta convinto che “formato e perimetro” della maggioranza debbano rimanere inalterati.
La missione in Algeria di Mario Draghi prevista per la prossima settimana è stata ridotta a un solo giorno. Martedì sarà una giornata di pausa per ulteriori riflessioni e contatti e poi mercoledì il presidente del Consiglio si presenterà alle Camere così come richiesto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Un elemento, tuttavia, pare ormai certo: o i 5 Stelle ricuciono clamorosamente lo strappo entro il 20 luglio, oppure si andrà a votare a inizio autunno. In sintesi: non esisterà mai un Draghi bis.
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La scelta dell’ex presidente della Bce appare ai più definitiva, come hanno mostrato le parole scelte per annunciare le dimissioni ai suoi ministri e poi congelate dal Quirinale. Ma chi lavora a un ripensamento non si stanca di rinnovare gli appelli ad andare avanti e tesse sottotraccia una rete di contatti per sondare l’esistenza di un’ultimissima possibilità per garantire continuità all’azione del governo, ora in crisi. In cima alla lista dei partiti che puntano non chiudere la legislatura anzitempo, c’è il Pd con il sostegno di Leu.
Domani si terrà una nuova riunione del Consiglio nazionale del M5s. In ambienti pentastellati è circolata l’ipotesi del ritiro dei ministri del Movimento prima di mercoledì. Uno scenario che secondo fonti parlamentari sarebbe fra quelli sul tavolo dei confronti interni in corso. Questa soluzione, a quanto si apprende, è stata discussa anche nel consiglio nazionale di ieri. Così fosse, a questo punto non ci sarebbero più dubbi: Parlamento sciolto in anticipo e seggi aperti in autunno, per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana.
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