Da una parte chi sostiene che la curva pandemica debba continuare ad essere monitorata quotidianamente nel suo insieme, dall’altra chi, invece, chiede un monitoraggio più selettivo, che tenga conto solo dei positivi al Covid ricoverati o, al limite, dei sintomatici. Il dibattito che finora ha coinvolto unicamente gli esperti (dei cui pareri abbiamo dato conto in questo articolo) si sposta sul piano politico-amministrativo e, in Italia, mostra una netta diversità di vedute fra le Regioni e le autorità sanitarie.
Con il Ministero della Salute che, tramite circolare diffusa venerdì 14 gennaio, ha provato a trovare una via di mezzo: da oggi i positivi ricoverati in ospedale per altre patologie (senza sintomi riconducibili alla Sars-Cov-2) saranno considerati casi Covid, ma non conteggiati fra i ricoveri dell’Area Medica Covid.
Le amministrazioni delle diciotto Regioni e delle due Province autonome avevano già valutato l’invio di una lettera indirizzata alla cosiddetta cabina di regia (Governo, Istituto Superiore di Sanità e Comitato tecnico-scientifico), chiedendo di considerare casi Covid solo chi presenta effettivamente sintomi della malattia.
Il presidente del Veneto, Luca Zaia, aveva confermato l’intenzione delle amministrazioni regionali in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera: “Con il massimo rispetto – aveva detto –, chiedo al Comitato tecnico scientifico di valutare se sia possibile introdurre in Italia questa classificazione (sono peraltro cosciente che l’asintomatico comunque potrebbe essere un problema)”.
“Oggi perché un soggetto sia classificato come caso Covid è sufficiente che risulti positivo ad un tampone – aveva aggiunto il governatore veneto -. Dall’Ecdc, che è il punto di riferimento europeo in questa materia, ci viene proposta un’altra soluzione. Le condizioni devono essere due: avere una malattia respiratoria o una sindrome influenzale e, sottolineo e, essere positivo ad un tampone. Si ha un caso Covid solo se ci sono entrambe le condizioni”.
“Vuol dire – aveva infine precisato Zaia – che non dobbiamo più considerare gli asintomatici e concentrarci su chi sta davvero male. Lo dice un centro di ricerche che in Europa è una sorta di Bibbia. Non è che possiamo prendere per buono quello che dice solo nel giorno di festa”.
Tutt’altro che convinto del parere di Zaia e, più in generale, delle Regioni, è l’Istituto Superiore di Sanità. A margine del consueto monitoraggio del venerdì, l’Iss ha infatti confermato che “la sorveglianza deve contenere tutti i positivi. Non solo i casi con sintomatologia più indicativa di Covid-19″.
“La maggior parte delle infezioni – ha aggiunto l’Iss replicando alle Regioni –, in particolare nei vaccinati, decorre in maniera asintomatica o con sintomi molto sfumati. Non sorvegliare questi casi limiterebbe la capacità di identificare le varianti e le loro caratteristiche”.
“Non potremmo conoscere – ha specificato ancora l’autorità sanitaria – lo stato clinico che consegue all’infezione nelle diverse popolazioni. E non renderebbe possibile monitorare l’andamento della circolazione del virus nel tempo”.
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