La Corte Penale Internazionale ha aperto un’inchiesta contro l’Italia per la mancata cooperazione nel caso Almasri, segnando un precedente storico in Europa
Il recente sviluppo legale che coinvolge l’Italia e la Corte penale internazionale (CPI) ha suscitato un notevole interesse e preoccupazione sia a livello nazionale che internazionale. La CPI ha avviato un’indagine interna sul governo italiano dopo la controversa liberazione di Njeem Osama Almasri, un alto ufficiale della polizia giudiziaria libica, arrestato il 19 gennaio 2025 a Torino. Questo episodio rappresenta un significativo punto di svolta, poiché si tratta del primo caso di inchiesta aperta nei confronti di un paese europeo per la non collaborazione con la Corte in materia di arresto di un ricercato.
La Corte Penale Internazionale e il Caso Almasri
La CPI, istituita nel 2002 per perseguire crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio, ha il compito di garantire che i responsabili di tali atrocità siano portati davanti alla giustizia. Nel caso di Almasri, la Corte ha emesso un mandato d’arresto internazionale, accusandolo di gravi violazioni dei diritti umani, tra cui:
- Omicidio
- Tortura
- Stupro
- Persecuzione
Tuttavia, il governo italiano ha scelto di non dare seguito a questo mandato, liberando Almasri e rimandandolo in Libia, un paese che non è parte dello Statuto di Roma, il trattato fondativo della CPI.
![Italia sotto inchiesta della Corte penale internazionale: primo caso in Europa per mancata cooperazione nel caso Almasri](https://www.newsby.it/wp-content/uploads/2025/01/Meloni-durante-la-conferenza-stampa-9-1-2025-Newsby.jpg)
Questa decisione ha generato un acceso dibattito in Italia, sollevando interrogativi sulla posizione del governo guidato da Giorgia Meloni nei confronti della giustizia internazionale e dei diritti umani. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha giustificato la scelta del governo affermando che ci sarebbero state irregolarità nel mandato d’arresto, mentre il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha dichiarato che Almasri rappresentava una minaccia immediata.
Le spiegazioni fornite dai membri del governo italiano sono state accolte con scetticismo. Molti osservatori ritengono che la vera motivazione dietro la liberazione di Almasri risieda nei solidi legami dell’Italia con le milizie libiche, attualmente in controllo di gran parte del territorio libico. Dal 2017, il governo italiano ha collaborato attivamente con queste milizie, affidando loro il compito di contrastare le partenze di migranti verso l’Europa.
Il fatto che un’inchiesta della CPI sia stata aperta contro un paese europeo per la sua mancata cooperazione rappresenta un precedente significativo. Luca Poltronieri Rossetti, ricercatore nel campo del diritto internazionale, ha sottolineato l’importanza di questo caso, evidenziando che si tratta di una persona che non occupa un alto incarico politico, il che elimina potenziali scudi giuridici come l’immunità diplomatica.
La Corte ha avviato un procedimento formale di “mancato rispetto”, ai sensi dell’articolo 86 dello Statuto di Roma, che impone agli Stati membri di cooperare pienamente con la Corte in tutte le indagini e le azioni giudiziarie. Nonostante l’Italia abbia una lunga tradizione di impegno nei diritti umani e nella giustizia internazionale, questo caso ha messo in luce come le dinamiche politiche interne possano influenzare le decisioni del governo.
Dopo l’apertura dell’indagine, il ministero della Giustizia italiano ha cercato di stabilire un dialogo con la CPI per evitare situazioni simili in futuro, suggerendo una certa preoccupazione per le ripercussioni internazionali di questa vicenda. Tuttavia, la posizione del governo non sembra essere cambiata, e resta da vedere come si svilupperà questa situazione nel tempo.
In conclusione, l’inchiesta della Corte penale internazionale nei confronti dell’Italia rappresenta un caso senza precedenti e solleva interrogativi fondamentali sul bilanciamento tra la politica interna e gli impegni internazionali in materia di giustizia. La risposta del governo italiano a questa situazione potrebbe avere ripercussioni durature, non solo per la gestione delle relazioni con la CPI, ma anche per la gestione delle politiche migratorie e per la reputazione dell’Italia come attore nel campo della giustizia internazionale.