“Ripartire il 4 maggio? Credo nella possibilità di ricominciare una nuova normalità, ma dipenderà dal lavoro che facciamo noi”. Così il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, a proposito della Fase Due dell’emergenza Coronavirus.
“Abbiamo un piano specifico e dettagliato, da confrontare con le categorie, perché ciò che decidono i professori va confrontato con chi lo vive. Da questa vicenda ci sono due insegnamenti: sulla sanità pubblica non si taglia, non siamo supereroi e ci vuole la cultura. Sarà una nuova normalità, fatta di più attenzione e meno contatti”.
“Vediamo la luce in fondo al tunnel”
Cirio ha poi voluto specificare come si sia mosso sulla questione mascherine. “Ho voluto attendere l’obbligatorietà dell’uso delle mascherine. Ne acquistiamo 5 milioni che distribuiremo gratuitamente ai cittadini nei primi di maggio per rendere la nuova normalità meno fastidiosa. Si tratta di mascherine “multiuso e daranno una copertura per diversi giorni”.
I dati odierni, per quanto incoraggianti, continuano però a non essere del tutto convincenti: “Oggi il Piemonte vede la luce in fondo al tunnel: stiamo liberando i posti della terapia intensiva, la curva della guarigione aumenta così il numero dei ricoverati diminuisce. Quello che continua a preoccupare è il numero dei contagi, abbiamo un calo rispetto alle scorse settimane ma inferiore rispetto alle altre regioni. Per questo mantengo le misure più rigorose. Ma la testa è pronta a ripartire”.
Cirio sulle Rsa: “Difficile individuare un colpevole”
Infine, il presidente della Regione Piemonte ha affrontato il tema delle residenze sanitarie assistenziali. “Un colpevole per la questione Rsa? Quando ci sono le pandemie è difficile da individuare a parte il virus”, ha detto sui tanti decessi nelle strutture per anziani dovute al Coronavirus.
“Noi abbiamo avuto l’attenzione altissima, lì ci sono le persone più fragili. Il problema è la medicina di territorio, quella rete da sovraintendere, su questo gli investimenti non sono mai stati fatti. L’insegnamento è che la medicina eccellente in ospedale va bene ma non basta, bisogna lavorare di più”.