Tre incidenti di percorso sul rinnovo delle Commissioni permanenti del Parlamento di metà legislatura: la maggioranza è finita ko in Senato sulla nomina in commissione Agricoltura. La Lega ha confermato la poltrona a Gianpaolo Vallardi, mentre è stato battuto il candidato avversario, il M5s Pietro Lorefice. Vallardi ha avuto 12 voti, Lorefice 10, più una scheda bianca. Sulla carta, l’opposizione aveva soltanto 9 voti. Sulla Giustizia, invece, Pietro Grasso è stato battuto incassando 11 voti contro i 13 del leghista Ostellari, con Liberi e Uguali che è rimasta così a bocca asciutta. Il ministro della Salute, Roberto Speranza ha lasciato i lavori del Cdm, dopo aver votato la proroga dello stato di emergenza: “Inaccettabile quanto avvenuto. Serve un chiarimento di maggioranza”.
Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Italia Viva e Leu si sono aggiudicati 12 presidenze su 14 a Palazzo Madama (ne restano da votare altrettante alla Camera). Sei (e non sette, come prevedeva l’intesa) sono andate al M5s: Vito Petrocelli agli Esteri, Susy Matrisciano alla Lavoro, Wilma Moronese all’Ambiente, Gianni Pietro Girotto all’Industria, mentre sono stati riconfermati Daniele Pesco alla guida della commissione Bilancio e Mauro Coltorti ai Lavori Pubblici. Il Pd porta a casa quattro presidenze: Dario Parrini agli Affari costituzionali, alle Finanze Luciano D’Alfonso, l’ex ministra Roberta Pinotti alla Difesa e Dario Stefano alle Politiche Ue. Iv piazza Riccardo Nencini alla Cultura e Annamaria Parente alla commissione Igiene e Sanità.
Screzi nella maggioranza anche per le Commissioni della Camera. Salvini esulta
“Dopo Gianpaolo Vallardi, anche Andrea Ostellari confermato presidente di commissione. Con il voto segreto vengono premiati il buon lavoro e la competenza della Lega. La maggioranza è in frantumi, completamente saltato l’inciucio 5Stelle-Pd”, ha attaccato il leader della Lega, Matteo Salvini. Del resto, chi siede a capo di una delle Commissioni, infatti, può orientare i lavori, influire sul calendario e di fatto esercitare un potere politico determinante quando si creano divisioni, specialmente nella maggioranza. Finora tutto era in mano ai parlamentari eletti da Lega e 5 stelle nel 2018, ma a metà legislatura avviene il consueto rinnovo. Così nelle ultime settimane i capigruppo dei partiti alleati si sono incontrati svariate volte (quattro solo nelle ultime 24 ore) per raggiungere una difficile intesa.
Alla Camera, invece, è la nomina del renziano Luigi Marattin alle Finanze ad agitare gli animi della maggioranza. “L’unico precedente al trasferimento forzoso di deputati da una commissione era stato quello, ignominioso, del governo Renzi nel 2015 per l’ltalicum”, spiegano fonti pentastellate dopo lo spostamento di 10 membri in un’altra commissione. In realtà i malumori all’interno del Movimento erano trapelati già in giornata, quando un gruppo di deputati della commissione Esteri ha scritto una lettera al direttorio per protestare contro il nome del presidente designato dalla maggioranza. Si tratta del parlamentare dem Piero Fassino, poi effettivamente votato in serata. Altro caso è quello di Catello Vitiello (eletto nelle liste dei 5 Stelle, ma ora in Italia Viva) in commissione Giustizia (non previsto dall’accordo), tanto che ha annunciato di rinunciare subito all’incarico per fare posto al candidato M5s Mario Perantoni. “Sono giochetti del M5s, noi non ci stiamo”, spiegano fonti di Italia Viva; a testimonianza di quanto sia difficile per la maggioranza la prova del voto segreto. Via libera invece per la renziana Raffaella Paita ai Trasporti, la deputata dem Debora Serracchiani ai Trasporti, il pentastellato Gianluca Rizzo alla Difesa, il collega Brescia riconfermato agli Affari Costituzionali, mentre Alessia Rotta del Pd va alla guida della commissione Ambiente.