Codice della Strada: gli psichiatri chiedono modifiche alle norme

Il nuovo Codice della Strada rischia di penalizzare i pazienti in cura con psicofarmaci a causa di possibili falsi positivi nei test antidroga

La Società Italiana di Psichiatria (SIP), che rappresenta circa ottomila psichiatri italiani, ha recentemente richiesto al Ministero dei Trasporti di apportare modifiche al nuovo Codice della Strada, in particolare alle procedure di controllo per l’accertamento dell’assunzione di sostanze stupefacenti. Gli psichiatri hanno evidenziato un potenziale problema legato ai test rapidi eseguiti dalle forze dell’ordine, che potrebbero generare falsi positivi in seguito all’assunzione di psicofarmaci come ansiolitici, antidepressivi e sedativi. Nonostante il rischio sia relativamente basso, le nuove norme prevedono che una semplice positività al test salivare comporti il ritiro immediato della patente.

Modifiche e controversie sul nuovo Codice della Strada

La riforma è stata criticata da diverse associazioni antiproibizioniste, poiché ha eliminato l’obbligo di verificare lo “stato di alterazione psico-fisica” nelle sanzioni relative alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. In precedenza, la sospensione della patente avveniva solo dopo un test positivo e una visita medica che confermasse lo stato di alterazione psicofisica. Con la nuova procedura, invece, le forze dell’ordine utilizzano un test salivare rapido per accertare la positività, seguito dall’invio del campione a un laboratorio per la conferma.

Codice della strada: gli psichiatri chiedono al ministero modifiche alle norme
Codice della strada: gli psichiatri chiedono al ministero modifiche alle norme – Unsplash – newsby.it

 

Un problema importante è rappresentato dalla durata delle tracce di sostanze nel corpo. Infatti, i residui di alcune sostanze stupefacenti possono rimanere nell’organismo per giorni o settimane, a seconda della dose assunta, della frequenza d’uso e del metabolismo individuale. Ad esempio, il THC, il principio attivo della marijuana, può essere rilevato:

  • Nella saliva fino a 3 giorni dopo l’assunzione.
  • Nel sangue per un periodo fino a 3 settimane.
  • Nell’urina fino a 30 giorni.
  • Nel capello fino a 3 mesi.

Questi tempi di permanenza prolungata complicano la distinzione tra chi è sotto l’effetto immediato della sostanza e chi ne ha fatto uso in passato senza essere più influenzato.

Il rischio di falsi positivi è particolarmente rilevante per chi assume farmaci utilizzati nella gestione di malattie mentali. I test rapidi potrebbero confondere alcuni psicofarmaci, come antidepressivi, ansiolitici e ipnoinducenti, con sostanze stupefacenti. Le società scientifiche, come la Società Italiana di Tossicologia (SITOX) e la Società Italiana di Farmacologia (SIF), hanno confermato che il rischio è maggiore per farmaci impiegati nel trattamento dell’epilessia o nella gestione dell’ansia.

Inoltre, negli ultimi mesi sono circolate notizie preoccupanti, che però sono state smentite dagli esperti, riguardo alla possibilità che anche farmaci di uso comune come ibuprofene, paracetamolo e antistaminici possano dare esiti falsamente positivi. Le associazioni di tossicologi rassicurano che il rischio in questi casi è praticamente nullo.

Il test salivare eseguito in strada è solo un primo livello di accertamento, e la sua positività deve essere confermata da un’analisi più approfondita in laboratorio. Tuttavia, la normativa attuale prevede che, in attesa della conferma, le forze dell’ordine debbano sospendere immediatamente la patente del conducente. Il test di laboratorio, più specifico, permette di identificare con precisione le sostanze presenti, riducendo il rischio di falsi positivi. Tuttavia, il danno per chi subisce una sospensione ingiustificata potrebbe già essere significativo, specialmente per chi dipende dall’auto per il lavoro o per altre necessità quotidiane.

Alla luce di queste problematiche, la SIP ha scritto una lettera al Ministero dei Trasporti per chiedere l’introduzione di deroghe specifiche per i pazienti in trattamento con psicofarmaci. La nota diffusa il 17 gennaio sottolinea che farmaci come antidepressivi, ansiolitici e altri trattamenti psicofarmacologici non possono essere considerati alla stregua di sostanze stupefacenti. La riforma, si legge nella nota, potrebbe generare confusione e conseguenze pericolose per i milioni di italiani che seguono terapie psicofarmacologiche. La SIP ritiene necessari chiarimenti immediati per evitare che i pazienti interrompano le cure per paura di perdere la patente.

Anche il vicepresidente dell’Ordine Nazionale dei Medici, Giovanni Leoni, ha espresso preoccupazione, evidenziando il rischio che persone in terapia possano sospendere i farmaci essenziali, con gravi ripercussioni sulla loro salute, pur di evitare problemi legati alla patente.

Un altro aspetto rilevante riguarda l’uso di cannabis terapeutica. A dicembre, il Ministro dei Trasporti Matteo Salvini aveva annunciato un confronto con il Ministero dell’Interno e quello della Salute per trovare soluzioni che evitassero sanzioni nei confronti di chi utilizza cannabis a scopo terapeutico, su prescrizione medica. Tuttavia, dopo l’annuncio non ci sono stati sviluppi concreti.

Nel frattempo, sindacati e associazioni di medici hanno ricevuto numerose richieste di chiarimenti da parte di cittadini preoccupati, ma non sempre sono stati in grado di fornire risposte esaustive. Il sindacato Farmacieunite, che rappresenta i farmacisti italiani, ha chiesto all’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) di pubblicare linee guida chiare per pazienti e operatori sanitari. A oggi, le sanzioni previste dal Codice della Strada sono ben definite, ma manca un elenco preciso dei farmaci che potrebbero causare problemi nei test.

La situazione attuale mette in luce diverse criticità, dalle procedure poco chiare alla gestione inadeguata dei farmaci terapeutici. Gli esperti sollecitano interventi immediati per tutelare i pazienti e garantire equità nelle sanzioni, bilanciando sicurezza stradale e diritti individuali.

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