I centri di Shengjin e Gjader potrebbero andare incontro a delle importanti modifiche, pensate per aggirare le decisioni dei giudici
Quello dei centri per i migranti in Albania continua a restare un tema importante per il governo guidato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Negli ultimi mesi, la situazione ha mostrato segni di instabilità, con le persone trasferite nelle strutture albanesi che sono state riportate in Italia. Tuttavia, l’esecutivo italiano non sembra intenzionato a rinunciare agli accordi con Tirana e sta considerando un nuovo decreto che potrebbe radicalmente cambiare la gestione dei migranti.
La posizione del governo Meloni
Tommaso Foti, esponente di Fratelli d’Italia, ha recentemente dichiarato che il governo sta valutando se intervenire prima della sentenza della Corte di giustizia europea, che il 25 febbraio dovrebbe esprimersi sullo status di Paese “sicuro” che l’Italia ha attribuito a a Bangladesh ed Egitto e che sembra in contrasto con le leggi comunitarie (ragion per cui Corte d’Appello di Roma non ha convalidato il trattenimento dei 43 migranti portati in Albania a fine gennaio). Questa affermazione ha sollevato interrogativi su quali misure potrebbero essere implementate per affrontare il tema della migrazione. L’ipotesi attuale è quella di trasformare i centri esistenti in Albania in Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), dove i migranti irregolari potrebbero essere trattenuti in attesa di espulsione.
Cosa potrebbero contenere i nuovi decreti sui centri in Albania?
Attualmente, i centri in Albania sono suddivisi in uno di prima accoglienza e uno di trattenimento. Se il decreto dovesse passare, entrambi potrebbero essere convertiti in Cpr, il che comporterebbe che il trattenimento dei migranti non necessiterebbe più di una convalida da parte dei giudici. Questo cambiamento potrebbe semplificare il processo di gestione dei migranti irregolari.
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Secondo quanto riportato da alcuni quotidiani, ci sono già stati colloqui tra Giorgia Meloni, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano riguardo a questa possibilità. Tuttavia, al momento non è stata presa alcuna decisione definitiva e non sembra che l’argomento verrà discusso a breve in una riunione del Consiglio dei ministri.
Conseguenze per i migranti portati in Albania
Uno degli aspetti più preoccupanti di questa situazione riguarda il destino dei migranti che, dopo il loro ritorno dall’Albania, si trovano in una condizione di incertezza. La mancanza di una chiara strategia da parte del governo italiano ha sollevato interrogativi su come verranno gestiti questi individui una volta rimpatriati. La trasformazione dei centri albanesi in Cpr potrebbe comportare un aumento del numero di migranti trattenuti, ma solleva interrogativi su come verranno trattati, quali diritti avranno e quali garanzie verranno loro offerte.
Le reazioni delle opposizioni
In questo contesto, le opposizioni politiche in Italia non si sono fatte attendere. Partiti come il Partito Democratico (Pd), Alleanza Verdi e Sinistra (Avs) e Più Europa hanno espresso forti critiche nei confronti del governo, definendo le sue azioni come “follia istituzionale”. Simona Bonafè, rappresentante del Pd, ha affermato che il governo dovrebbe fermare questa iniziativa, che sta creando uno scontro senza precedenti tra i poteri e comporta uno spreco di risorse pubbliche.
Pierfrancesco Majorino, responsabile per le politiche migratorie del Nazareno, ha chiesto una chiara presa di responsabilità, esortando il governo a chiudere questa “pagina vergognosa” e a devolvere i fondi destinati ai centri in Albania a settori più urgenti come la sanità e la sicurezza. Le opposizioni hanno messo in evidenza come il governo si sia cacciato in un pasticcio, suggerendo che sia giunto il momento di rinunciare agli accordi con l’Albania e smettere di sperperare i soldi dei contribuenti.
Riccardo Magi di +Europa ha evidenziato che le pronunce dei tribunali di ogni ordine e grado hanno già messo in discussione la legittimità delle procedure attuali, definendo la situazione come un esempio di errore persistente da parte del governo. La continua insistenza su questa linea di gestione della migrazione sembra, quindi, non solo inadeguata, ma anche controproducente per il dialogo tra le istituzioni.
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