Dopo nove anni di assenza, Beppe Grillo sceglie il salotto di Fabio Fazio Che tempo che fa per segnare il ritorno sul piccolo schermo. Il comico genovese, fondatore e “garante” del Movimento 5 stelle, intervalla l’attualità politica alle gag e si concede un passaggio su una vicenda personale, il processo per violenza sessuale che coinvolge il figlio Ciro, con una stoccata a Giulia Bongiorno, senatrice del Carroccio e legale della presunta vittima, che “fa comizietti davanti ai tribunali”. Un fatto “inopportuno”, dice al conduttore.
Sul Nove Grillo parla anche della sua creatura, il movimento che ha contribuito a far nascere nel 2007. “Ho una confusione totale“, ammette. “Non posso condurre e portare a buon fine un movimento politico, non sono in grado“. Prima “c’era Casaleggio, lui era un organizzatore e aveva del metodo, io faccio danni anche da solo quando sono a casa”, dice a proposito del cofondatore del M5s scomparso nel 2016. Poi quello che sembra un mea culpa: “Io sono qui per capire se sono il peggiore. Sì, io sono il peggiore. Io ho peggiorato questo Paese, non c’è battuta”.
Il comico non si risparmia un affondo nei confronti dell’ex delfino Luigi Di Maio: “Era il politico più preparato, ma non pensavamo si facesse prendere dal potere”, attacca. “Poi ci ha pugnalato“, aggiunge alludendo all’uscita dal movimento dell’ex ministro degli Esteri alla vigilia delle ultime elezioni politiche. Quanto all’attuale leader pentastellato, Giuseppe Conte, “prima parlava come un professore, ora è migliorato ci mette un po’ di cuore“.
Ne è passata di acqua sotto i ponti dal V-Day, l’iniziativa promossa da Grillo tramite il suo blog, che nel settembre del 2007 porta migliaia di persone in decine di piazze italiane. Chiedono un “Parlamento pulito” senza onorevoli condannati in via definitiva.
Sei anni dopo si aprono le porte di Montecitorio e Palazzo Madama per un esercito di neofiti della politica grazie a un clamoroso successo alle elezioni politiche del 2013, che decretano il M5s prima forza con il 24% dei voti. Se agli esordi il mandato degli onorevoli è quello di aprire come una “scatoletta di tonno” i palazzi del potere, negli anni il movimento cambia pelle, matura e cede l’intransigenza degli esordi, imparando che la politica è l’arte del compromesso.
Fondato ufficialmente a Milano il 4 ottobre del 2009, il movimento nasce dall’incontro fra il teatro “impegnato” di Beppe Grillo e la visione futuristica di Gianroberto Casaleggio. E fa irruzione sulla scena politica diventandone la principale novità con un’agenda nutrita: acqua pubblica, ambiente, mobilità sostenibile, connettività, taglio dei costi della politica, legalità, democrazia partecipativa e soprattutto Reddito di cittadinanza, la bandiera dei grillini che ancora oggi rivendicano dopo la cancellazione voluta dal governo di Giorgia Meloni.
I primi esperimenti elettorali avvengono a livello locale nel 2010 e la prima vittoria arriva due anni dopo con l’incoronazione a sindaco di Parma del grillino Federico Pizzarotti, che nel 2016 abbandona il movimento.
Giunti nei palazzi della politica nazionale la prima richiesta, che scardina i riti, è quella di svolgere in streaming le consultazioni con il segretario del Partito democratico e premier incaricato Pierluigi Bersani. Nel corso della prima legislatura in aula il M5s si distingue per un’opposizione battagliera che non fa sconti al governo. Nel movimento emergono subito alcune figure, a cominciare da Luigi Di Maio, più istituzionale e moderato, e Alessandro Di Battista, più movimentista e barricadero.
Nel 2016 arrivano le prime vittorie di peso in due grandi città, con Virginia Raggi e Chiara Appendino elette alla guida di Roma e Torino. È anche l’anno della scomparsa del cofondatore. In aprile muore Gianroberto Casaleggio, a cui subentra il figlio Davide alla guida dell’azienda, la Casaleggio Associati.
Nel 2018 il boom alle elezioni politiche. Quasi il 33% degli italiani vota per il M5s spianando la strada per l’ingresso a Palazzo Chigi. Mentre Di Battista decide di fare un passo indietro restando fuori dal Parlamento, Di Maio diventa capo politico del movimento. In parallelo la figura di Beppe Grillo sembra defilarsi.
La trasformazione in partito politico si compie definitivamente con l’arrivo al governo. Dopo tre mesi di estenuanti trattative nasce un’inedita maggioranza giallo-verde composta da M5s e Lega. L’intesa si regge su un contratto di governo di dieci punti, ratificato dal voto degli iscritti del movimento. I punti fondanti e irrinunciabili sono la stretta sugli sbarchi dei migranti, voluta dal Carroccio, e l’introduzione del Reddito di cittadinanza, caldeggiato dal M5s.
A guidare il governo, entrato in carica nel giugno del 2018, Giuseppe Conte, avvocato e docente universitario, poco noto al grande pubblico. La coabitazione tra grillini e leghisti non dura molto e nel 2019 la crisi di governo porta a un nuovo esecutivo, il Conte bis, stavolta giallo-rosso, con M5s, Pd e Italia Viva di Matteo Renzi. Per alcuni, è la conferma della vocazione post ideologica dei pentastellati: né di destra né di sinistra.
Anche il Conte bis non è destinato a durare. Nel 2021 lo strappo del leader di Iv spiana la strada al governo di Mario Draghi, appoggiato da tutto l’arco costituzionale tranne Fratelli d’Italia. Con l’ingresso dei grillini dell’esecutivo, si consuma la rottura definitiva tra il movimento e Di Battista: “La mia coscienza politica non ce la fa più, non posso far altro che farmi da parte”.
I 5 stelle sembrano vicini vicini all’implosione: divergenze interne, disaccordi tra i pentastellati in Parlamento e quelli al governo, decine di onorevoli persi per strada, tra addii e espulsioni, il divorzio con la piattaforma Rousseau della Casaleggio Associati, i ricorsi in tribunale, la scrittura del nuovo statuto e la nuova leadership, la scissione di Di Maio.
Il movimento supera le acque agitate sotto la guida di Conte con un Beppe Grillo sempre più marginale nel ruolo di “garante”. Alle ultime elezioni del settembre 2022, contro i pronostici che lo davano in caduta libera, il M5s tiene. Con oltre il 16% dei consensi, resta la terza forza politica, anche se in termini assoluti perde sei milioni di voti.
Il nuovo movimento sembra ormai posizionarsi stabilmente nella metà sinistra del campo. Il dialogo con il Pd di Elly Schlein si consolida, consapevoli che da soli non si va lontano. Come dimostrano le alleanze sperimentate a livello locale, ultima in ordine di tempo il “campo largo” per le comunali di Foggia dello scorso ottobre.
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