Scopri come funziona il nuovo sistema di accoglienza migranti in Albania, previsto dal governo italiano
Il primo gruppo di migranti sarà trasferito nei controversi centri per richiedenti asilo in Albania mercoledì, segnando l’inizio ufficiale del nuovo sistema di gestione dei migranti introdotto dal governo italiano guidato da Giorgia Meloni.
Questi centri sono stati completati la settimana scorsa e sono parte di una strategia volta a gestire meglio il flusso di persone che arriva sulle coste italiane. Il gruppo iniziale è composto da 16 uomini di nazionalità egiziana e bangladese, attualmente a bordo della nave della Marina Militare italiana “Libra”. Questo trasferimento rappresenta un passo significativo nel nuovo sistema voluto dal governo per gestire i migranti in arrivo.
Il nuovo sistema prevede il trasferimento mensile di alcuni richiedenti asilo, soccorsi in acque internazionali, in Albania, dove attenderanno l’esame della loro richiesta di asilo in Italia. Il governo ha presentato questa misura come una soluzione per decongestionare i centri di accoglienza italiani, anche se va precisato che solo una piccola parte dei migranti che arrivano in Italia via mare sarà effettivamente trasferita in Albania.
Tra gli obiettivi c’è anche il tentativo di scoraggiare ulteriori partenze verso l’Italia. Tuttavia, molti esperti di migrazione sono scettici sull’efficacia di questo approccio, ritenendo che non riuscirà a dissuadere chi ha già affrontato viaggi pericolosi e prolungati per raggiungere la Libia e imbarcarsi verso l’Europa.
Per gestire la presenza di migranti al di fuori del territorio italiano, il governo Meloni ha stretto un accordo con l’Albania che prevede la costruzione e gestione di strutture sul suolo albanese, interamente finanziate dall’Italia. Finora, sono stati stanziati 65 milioni di euro per la realizzazione dei centri, ma si prevede che i costi annuali di gestione aumenteranno, arrivando a circa 120 milioni di euro dal 2025.
Le strutture saranno utilizzate esclusivamente per i migranti soccorsi nel Mediterraneo centrale dalle autorità italiane, come la Guardia Costiera e la Guardia di Finanza. Invece, i migranti salvati dalle navi delle ONG non saranno inclusi in questo sistema, probabilmente per evitare complicazioni con gli stati di bandiera delle navi di soccorso.
I migranti soccorsi nel Mediterraneo saranno inizialmente trasferiti sulla nave “Libra”, che si trova a circa 37 chilometri a sud di Lampedusa, all’interno della zona di ricerca e soccorso italiana (SAR). Questa posizione strategica, vicino alle coste della Tunisia e della Libia, permette un rapido intervento per i salvataggi. A bordo della nave “Libra” si effettuerà una seconda verifica delle condizioni e delle origini dei migranti, oltre alla selezione di chi sarà portato in Albania e chi, invece, potrà sbarcare in Italia.
Secondo il protocollo operativo, donne, bambini, famiglie e persone con particolari fragilità saranno portati a Lampedusa e integrati nel sistema di accoglienza italiano. Invece, i migranti uomini adulti ritenuti non vulnerabili e provenienti da “paesi sicuri” saranno trasferiti in Albania. La definizione di “paesi sicuri” adottata dal governo italiano è controversa, poiché include nazioni che, secondo molti osservatori, non rispettano pienamente i diritti umani o l’ordinamento democratico. Questa classificazione è stata recentemente messa in discussione da una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha sollevato dubbi sulla correttezza di tale approccio.
Dopo lo sbarco in Albania, i migranti saranno accolti in una struttura di prima accoglienza situata nel porto di Shengjin, una località costiera a circa un’ora dalla capitale Tirana. Qui si svolgeranno le procedure di identificazione e registrazione, che di solito avverrebbero nei cosiddetti hotspot italiani. La struttura, situata vicino al pontile di attracco, è gestita dalla Polizia di Stato italiana e offre servizi essenziali, tra cui assistenza medica e supporto per i migranti.
Successivamente, i migranti saranno trasferiti in altre due strutture situate a Gjader, una frazione del comune di Lezhë, nell’entroterra albanese. Qui si trovano un centro di prima accoglienza, con una capacità di 880 posti, e un Centro di permanenza e rimpatrio (CPR) con 144 posti, destinato ai migranti la cui richiesta d’asilo viene respinta. I CPR sono simili a centri di detenzione e sono spesso criticati per le condizioni inadeguate e le violazioni dei diritti umani documentate in molte strutture simili in Europa. Sia l’hotspot di Shengjin che i centri di Gjader saranno sotto la gestione delle autorità italiane.
Nei pressi delle strutture è stato realizzato anche un piccolo carcere, con una capacità massima di 20 detenuti, per ospitare eventuali migranti che necessitano di custodia cautelare durante il loro periodo di trattenimento nei centri albanesi. Le pratiche amministrative relative alla detenzione e all’esame delle richieste di asilo rimarranno sotto la giurisdizione italiana. La Questura di Roma emetterà i decreti di trattenimento amministrativo per i migranti trasferiti in Albania, che dovranno poi essere convalidati dal tribunale civile di Roma, sezione immigrazione.
Le domande di asilo presentate dai migranti saranno trattate secondo una procedura accelerata, con un tempo massimo di 28 giorni per la valutazione. Questa misura è stata introdotta dal governo per chi proviene da paesi considerati “sicuri”, ma è oggetto di critiche da parte degli esperti, che dubitano della possibilità di effettuare una valutazione accurata delle condizioni personali e dei contesti da cui i richiedenti fuggono in un arco di tempo così breve.
Nel caso in cui la richiesta d’asilo venga respinta, i migranti dovrebbero essere rimpatriati. Tuttavia, restano incertezze sulle modalità operative: non è chiaro se i rimpatri avverranno direttamente dall’Albania o se i migranti dovranno essere riportati in Italia prima della partenza per i loro paesi d’origine. Il meccanismo dei rimpatri è generalmente inefficiente, e ci sono dubbi sulla capacità del sistema di rispettare i termini di 28 giorni, soprattutto durante i periodi di maggiore afflusso, come l’estate.
La decisione del governo italiano di trasferire i migranti in Albania è stata accolta con forte critica da parte di organizzazioni per i diritti umani e gruppi di advocacy per i migranti, che sottolineano i rischi di violazioni dei diritti e la fragilità giuridica del sistema. Inoltre, molti osservatori temono che questa politica possa portare a un aumento delle tensioni con i paesi di origine e con altri stati europei che potrebbero essere chiamati a partecipare al sistema di gestione dei migranti.
La strategia, che si inserisce nel contesto delle politiche migratorie restrittive dell’attuale governo, rappresenta un tentativo di dissuadere i migranti dall’intraprendere la rotta del Mediterraneo centrale, una delle vie di migrazione più pericolose. Tuttavia, resta da vedere se queste misure saranno effettivamente in grado di raggiungere gli obiettivi dichiarati, considerando le complessità e le sfide associate alla gestione dei flussi migratori nel contesto geopolitico attuale.
Il nuovo approccio del governo italiano alla gestione dei migranti segna una svolta significativa rispetto al passato, puntando su accordi bilaterali per esternalizzare il trattamento dei richiedenti asilo. Tuttavia, le sfide operative, legali e umanitarie sono molteplici, e sarà cruciale monitorare attentamente l’efficacia e le conseguenze di queste politiche nei prossimi mesi. Il successo di questo piano dipenderà non solo dalla capacità di gestire il flusso migratorio, ma anche dal rispetto dei diritti umani e dalle reazioni che arriveranno dalle istituzioni europee e internazionali.
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