Si stringeranno la mano per la prima volta dopo un anno. È fissato per domani l’attesissimo incontro fra il presidente americano Joe Biden e l’omologo cinese Xi Jinping, che non mette piede negli Usa dal 2017. Sul tavolo i dossier più impellenti, in testa la guerra dei dazi, le relazioni con Taiwan e le tensioni nel Pacifico, con le dispute nel Mar cinese meridionale. I leader delle due principali economie mondiali si vedranno a San Francisco a margine del vertice Apec, il forum dei Paesi dell’Asia-Pacifico.
Alla vigilia del bilaterale le rispettive diplomazie non hanno lasciato trapelare troppi dettagli. Parleranno di “pace globale e di sviluppo”, si è limitato a dire il ministero degli Esteri di Pechino. “La Cina non ha paura della concorrenza, ma siamo contrari a definire la relazione Cina-Usa in termini di concorrenza”, ha spiegato la portavoce Mao Ning esortando Washington a “rispettare con sincerità le ragionevoli preoccupazioni della Cina e i legittimi diritti allo sviluppo, piuttosto che enfatizzare solo le proprie preoccupazioni danneggiando gli interessi di Pechino. La Cina non cerca di cambiare gli Usa, e anche gli Stati Uniti non dovrebbero cercare di plasmare o cambiare la Cina“.
Il presidente Usa auspica di “potersi sedere al tavolo con Xi Jinping e lavorare insieme con la Cina su questioni di interesse comune”, ha fatto sapere dal canto suo un alto funzionario americano in un briefing con la stampa. La scorsa settimana la Casa Bianca aveva anticipato che i due capi di Stato discuteranno di una serie di questioni bilaterali, regionali e globali, nonché dei modi per “gestire responsabilmente la concorrenza“, oltre a “stabilizzare” le relazioni.
Xi e Biden non si vedono dal summit del G20 di Bali del novembre 2022. L’ultima volta del presidente cinese negli Stati Uniti invece risale al 2017, quando l’inquilino della Casa Bianca era Donald Trump. Aveva incontrato il tycoon da poco insediatosi nella sua villa a Mar-a-Lago, in Florida. A San Francisco invece c’era stato già nel 2013 per incontrare l’ex presidente americano Barack Obama nella tenuta di Sunnylands.
Ora gli Stati Uniti si preparano ad accogliere di nuovo Xi, ma in un clima e in un contesto ben diversi. Dal vertice indonesiano i due leader non hanno avuto più contatti diretti e quello di domani sarà il secondo incontro di persona tra i due presidenti da quando, nel gennaio del 2021, Biden è arrivato alla Casa Bianca. Nel mezzo ne è passata di acqua sotto i ponti. Inclusi una pandemia e due guerre. Le relazioni sono andate via via peggiorando come mai accaduto negli ultimi decenni.
La guerra commerciale tra Washington e Pechino inaugurata da Donald Trump a suon di dazi si è intensificata nell’ultimo anno con sanzioni e contro-sanzioni che prendono di mira in particolare l’export di tecnologia, in testa gli strategici microchip e da ultimo l’intelligenza artificiale. Una strategia improntata al protezionismo che danneggia entrambe le parti.
Quella che era iniziata come una guerra commerciale su prodotti come pannelli solari e batterie si è presto estesa ad altre aree, dalla tecnologia alla sicurezza nazionale, passando per geopolitica e visioni dell’ordine globale. Una competizione che si è intensificata con l’Amministrazione Biden. Rientrano nella guerra commerciale anche le norme antispionaggio imposte quest’anno da Pechino alle imprese straniere che investono in Cina.
Le tensioni attorno a Taiwan, Stato indipendente di fatto che la Cina rivendica come parte della Repubblica popolare, hanno raggiunto l’acme lo scorso anno con la visita a sorpresa a Taipei dell’allora speaker democratica della Camera Nancy Pelosi, che suscitò le ire del dragone. Appena lo scorso 25 ottobre Pechino è tornato a ribadire che l’indipendenza significherebbe “la guerra”. Affermazioni che arrivano a meno di due mesi dalle elezioni presidenziali in programma sull’isola. Senza contare la crisi, esplosa lo scorso febbraio, dei presunti “palloni spia” cinesi, che ha tenuto banco per settimane sui media internazionali.
Secondo le indiscrezioni dei media americani, un accordo tra i due presidenti potrebbe arrivare sul fronte del contrasto alla produzione e al traffico di Fentanyl, l’oppioide sintetico che sta provocando una epidemia di morti negli Stati Uniti. Secondo il Financial Times, che cita fonti anonime a conoscenza dei colloqui in corso tra le due superpotenze, Pechino di impegnerebbe a perseguire le industrie chimiche all’origine del traffico dello stupefacente 50 volte più potente dell’eroina. In cambio, l’amministrazione Biden potrebbe rimuovere le sanzioni nei confronti dell’istituto cinese di polizia forense, entità che gli Usa ritengono responsabile di violazioni dei diritti umani.
Un’intesa che permetterebbe a Washington di portare a casa un risultato tangibile da spendere nella campagna elettorale in vista delle elezioni presidenziali del 2024 e così provare a mettere a tacere i falchi repubblicani che accusano il governo federale di non essere in grado di stroncare il traffico di Fentanyl verso gli States, che secondo i dati dei Centers for Disease Control and Prevention, ogni giorno provoca la morte di almeno 150 persone per overdose.
Negli mesi Usa hanno cercatodi allentare le tensioni e riannodare i fili. Sono stati in Cina il segretario di Stato Antony Blinken, il segretario al Tesoro Janet Yellen, l’inviato per il clima John Kerry, il capo della Cia William Burns e il segretario al Commercio Gina Raimondo, mentre il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan ha incontrato di recente Wang a Washington
Le relazioni però restano fredde e la fiducia reciproca è ai minimi storici. L’incontro di San Francisco d’altra parte arriva nel mezzo di una serie di crisi globali, dal conflitto in Ucraina a quello in Medio Oriente, che “minacciano di distogliere l’attenzione di Washington da quello che l’Amministrazione Biden ha spesso indicato come la più importante sfida geopolitica: gestire la competizione con la Cina”, ha osservato Yun Sun del think tank Stimson Center di Washington, citata dalla Cnn.
La speranza degli Stati Uniti, secondo fonti della Casa Bianca, è che l’incontro tra Biden e Xi serva ad allentare le tensioni un momento in cui è necessaria “un’intensa diplomazia“. Il presidente americano sottolineerà l’importanza di mantenere “aperte le linee di comunicazione”. Ma, per stessa ammissione di Washington, non si scommette su risultati eclatanti. In definitiva, “nessuna delle due parti si attende una qualsiasi svolta che possa costituire un reset per le relazioni. Si tratterà di gestire e stabilizzare i rapporti”, sintetizza efficacemente la Bbc.
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