Vittoria a mani basse in Oiwa per Donald Trump. In meno di mezz’ora dall’apertura dei caucus, l’ex presidente Usa si è aggiudicato la prima tappa delle primarie repubblicane, con il 51% dei voti e una ventina di delegati, staccando di 30 punti il secondo classificato, il governatore della Florida Ron DeSantis, che si ferma al 21% con otto delegati. In controtendenza rispetto alle previsioni, la super favorita ex ambasciatrice all’Onu Niki Haley si piazza al terzo posto con il 19% delle preferenze e sette delegati.
Un risultato che è arrivato dopo un lungo testa a testa nella notte tra i suoi principali sfidanti per il secondo posto. Dato lo scarto risicato, resta ancora aperta la gara su chi tra i due potrà tentare di proporsi come alternativa a The Donald. L’imprenditore tech di origini indiane Vivek Ramaswamy (quarto col 7,7%) invece si è ritirato dalla corsa alla nomination repubblicana, dando il proprio endorsement al tycoon, che così rimpingua ulteriormente il serbatoio di voti.
I guai giudiziari collezionati nell’ultimo anno dall’ex inquilino della Casa Bianca, inclusi quattro incriminazioni e due procedimenti per impeachment, non hanno dunque scalfito il consenso presso l’elettorato conservatore. Il tycoon ha sfondato in tutte le aree sociali, a partire dagli evangelici, con l’unica debolezza delle zone suburbane. “Sono onorato e rinvigorito da questa vittoria”, il primo commento su Fox News, prima del discorso della vittoria a Des Moines: iniziato in tono conciliante con l’auspicio di unire il Paese in modo bipartisan, ha presto virato verso l’invettiva nei confronti del rivale democratico Joe Biden, bollato come “il peggior presidente della storia Usa” e il regista dei suoi processi.
Trump ha poi ribadito che, una volta eletto, si assicurerà di “sigillare il confine col Messico contro l’invasione di criminali e terroristi”, grazie a “un sistema di espulsioni che non si vede in questo Paese dai tempi di Eisenhower”. In politica estera, ha garantito che “risolverà molto velocemente” tanto la guerra in Ucraina quanto quella a Gaza. E di certo, se ci fosse stato lui alla Casa Bianca, “la Russia non avrebbe attaccato e Israele non sarebbe stato attaccato”.
Biden dal canto ha riconosciuto che dopo il voto in Iowa Trump “è il chiaro favorito per la nomination repubblicana” ma ha avvertito che una sua eventuale vittoria rappresenterebbe una minaccia per la democrazia.
Nei mesi scorsi affollato, il campo degli avversari di The Donald si è dunque ridotto a due avversari: il 45enne italoamericano Ron DeSantis e la 51enne di origini indiane Nikki Haley.
Il primo, eletto governatore della Florida nel 2019 con percentuali da record, ha lanciato ufficialmente la propria campagna per la Casa Bianca nel maggio del 2023 con la promessa di replicare a livello nazionale la battaglia ultraconservatrice condotta in Florida contro gay, aborto, droghe, cannabis e in generale tutto quello che la destra liquida come “woke”. Grande oppositore delle misure anti-Covid adottate durante la pandemia, per tutta la scorsa estate DeSantis è apparso come l’avversario più temibile per il tycoon.
Ma con il passare dei mesi l’immagine del repubblicano, sempre indietro diverse decine di punti da Trump, si è appannata perché non ha saputo porsi come reale alternativa all’ex presidente, puntando alla tessa base elettore radicale e orientata all’ideologia Maga (Make America great again).
Ex governatrice della South Carolina, Nikki Haley si è invece presentata da subito come il volto nuovo della campagna elettorale, vera alternativa a Donald Trump, con un’agenda meno radicale capace di attrarre l’elettorato indipendente e moderato. Non a caso, dopo aver fatto le congratulazioni al vincitore del caucus in Iowa, la 51enne ha ribadito di essere “l’ultima speranza di fermare l’incubo” di una sfida tra Joe Biden e Donal Trump, accusati di essere “entrambi consumati dal passato, dalle inchieste e dalle vendette”.
Partita in sordina, la campagna di Haley ha saputo catalizzare l’interesse in quella fetta dei conservatori che non vogliono il ritorno di Trump nello Studio ovale, inclusi finanziatori influenti del partito repubblicano come i ricchissimi fratelli Koch, che a fine novembre hanno puntato su di lei scaricando Trump.
L’ex inquilino della Casa Bianca dal canto suo continua a guidare la corsa verso la nomination repubblica. Secondo l’ultimo sondaggio condotto da Cbs News/YouGov, Trump è in testa con il 69% dei consensi (era il 58% a maggio), mentre DeSantis si ferma al 14% e Haley al 12%.
Allo stesso tempo tutti e tre i candidati repubblicani vengono dati in vantaggio su Biden. Se si votasse oggi il presidente in carica sarebbe sconfitto anche con margini sensibilmente diversi. Il vantaggio più ampio non è di Trump, ma di Haley con il 53% dei voti. In un ipotetico duello Biden-DeSantis, il governatore della Florida vincerebbe, ma di misura, con un 51% contro il 48% del presidente. Mentre con Trump sarebbe di fatto un testa a testa, con l’ex presidente al 50% e il presidente in carica al 48%.
Dopo il calcio d’inizio dell’Iowa, la prossima tappa della maratona elettorale che condurrà alle presidenziali di novembre è nello Stato liberal del Hampishre, dove Haley è data favorita. Un calendario scandito anche dai processi di Donal Trump, a cominciare da quello per l’assalto al Congresso, fissato per il 4 marzo, alla vigilia del Super Tuesday.
23 gennaio – Caucaus nel New Hampshire al voto per le primarie repubblicane
3 febbraio – Prima tappa in South Carolina delle primarie democratiche dopo il cambio di calendario deciso dal partito.
6 e 8 febbraio – Primarie dem in Nevada. Due giorni dopo tocca ai caucus repubblicani.
24 febbraio – Quinta tappa delle primarie Gop in South Carolina, dove Nikky Haley gioca in casa.
27 febbraio – È il turno del Michigan
5 marzo – È il Super martedì: votano 16 Stati, fra i quali Alabama, California, Colorado, Texas, Minnesota, Massachusetts, Virginia e North Carolina
19 marzo – Primarie in Florida, Arizona, Kansas, Illinois e Ohio.
2 aprile – Al voto gli elettori di sette Stati, inclusi New York e Wisconsin
23 aprile – Vota lo swing state, lo Stato in bilico, della Pennsylvania.
4 giugno – Si chiudono le primarie più importanti con gli ultimi voti in Montana, New Jersey, New Mexico, South Dakota e Washington Dc
15 – 18 luglio – A Milwaukee si svolge la convention repubblicana, chiamata a certificare chi sarà il candidato ufficiale del partito
19 – 22 agosto – Chicago ospita la convention democratica
16 settembre – Alla Texas State University si tiene il primo dibattito fra i candidati alla presidenza
25 settembre – I candidati alla vicepresidenza si sfidano al Lafayette College, in Pennsylvania
1° ottobre – Secondo dibattito fra i candidati presidenti
9 ottobre – Terzo confronto fra gli aspiranti alla Casa Bianca
5 novembre – È l’Election Day, l’America va al voto
20 gennaio 2025 – È l’Inauguration Day: si insedia il nuovo presidente
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