Alta tensione in Ucraina, con il presidente Volodymyr Zelensky nel mirino. Il Servizio di sicurezza ucraino (Sbu) venerdì scorso ha respinto alla frontiera l’ex presidente Petro Poroshenko impedendogli di lasciare il Paese. L’Intelligence afferma di avere informazioni secondo cui intendeva incontrare il primo ministro ungherese Viktor Orban, definito in un rapporto un “amico” del capo del Cremlino Vladimir Putin che “esprime sistematicamente una posizione anti ucraina” e “chiede la revoca delle sanzioni contro la Russia”.
All’ex presidente è stato annullato anche il permesso già rilasciato per un viaggio d’affari negli Stati Uniti. La Sbu ritiene che Mosca, tra le altre cose, intenda sfruttare contro Kiev gli incontri dei politici ucraini con esponenti stranieri.
Il partito di centro destra Solidarietà Europea di Poroshenko, 27 parlamentari alla Verhovna Rada, ha respinto le accuse della Sbu, sottolineando che dal primo all’8 dicembre aveva programmato visite solo in Polonia e negli Stati Uniti mentre non erano in agenda incontri a Budapest. Oltre a Poroshenko, è stato vietato anche a tre deputate del partito di non lasciare il Paese.
Ivanna Klympush-Tsintsadze, parlamentare e vicepresidente durante gli anni della presidenza di Poroshenko, alla Repubblica ha parlato di “un’accusa assurda”: “Mi sembra incredibile che Zelensky adesso ricorra ai servizi segreti per giustificare azioni così miopi. Qui in Ucraina si rischia un’involuzione autoritaria”.
Il capo di Gabinetto di Poroshenko, Kostyantin Yelyseyev, dal canto suo ha accusato il leader ucraino di avere “un solo scopo, zittire l’opposizione con la cortina della legge marziale”. Al sito Euractiv ha detto che “certe azioni anti democratiche” sono “un chiaro segnale per la comunità internazionale sullo stato della democrazia in Ucraina”.
Accuse simili sono arrivate dal sindaco di Kiev Vitali Klitschko, che in un’intervista al Der Spiegel dello scorso primo dicembre ha attaccato frontalmente il presidente Zelensky: “A un certo punto non saremo più diversi dalla Russia, dove tutto dipende dal capriccio di un uomo”, ha detto l’ex campione mondiale di boxe eletto primo cittadino della capitale nel partito di Poroshenko e poi diventato indipendente negli anni successivi.
Il 52enne ha rincarato la dose al notiziario svizzero 20 Minuten: “La gente si chiede perché non fossimo meglio preparati per questa guerra. Perché Zelensky ha negato fino alla fine che si sarebbe arrivati a questo”. Il presidente ucraino “sta pagando per gli errori che ha commesso“, ha affermato chiedendo onestà sulla reale situazione sul campo. “Naturalmente possiamo mentire al nostro popolo e ai nostri partner, ma non si può farlo per sempre”.
Il 58enne Poroshenko, uomo d’affari ed ex ministro degli Esteri, ha guidato il Paese dal 2014 fino al 2019, quando è stato battuto alle elezioni proprio da Zelensky. È il principale rivale dell’attuale presidente e uno degli uomini più ricchi dell’Ucraina, con una fortuna stimata intorno agli 1,6 miliardi di dollari dalla rivista Forbes. Possiede tra altre cose una grande azienda dolciaria, Roshen, e due canali televisivi.
Poroshenko è considerato uno dei maggiori sostenitori delle proteste di massa pro europee che nel febbraio del 2014 hanno portato alla sua elezione a presidente dopo la destituzione del filorusso Viktor Janukovyč. Durante il suo mandato, ha avvicinato l’Ucraina su posizioni filo occidentali ma non è riuscito ad arginare la corruzione e la povertà.
Dal 2019 ha collezionato varie inchieste giudiziarie, inclusa l’accusa per “alto tradimento” e sostegno al terrorismo per una presunta fornitura tra il 2014 e il 2015 di carbone dai territori dell’Est Ucraina, occupati dai separatisti filorussi. Nell’ambito dell’inchiesta, nel gennaio del 2022 un tribunale di Kiev ha ordinato il congelamento dei beni dell’ex presidente. Una decisione, che il partito di Poroshenko all’epoca ha bollato come ”vendetta personale” da parte di un “presidente debole” che “manipola i magistrati e la giustizia” per “regolare i contri con gli oppositori”.
Sotto accusa è la gestione della guerra, con pochi progressi concreti sul campo, ma anche la guida del Paese da quasi due anni governato con la legge marziale. Sullo sfondo restano le prossime elezioni, teoricamente in programma nel marzo del 2024 ma che il leader ucraino ha lasciato intendere verranno rimandate a data da destinarsi. “Non è il momento giusto per il voto”, ha Zelensky detto appena un mese fa.
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