Alla Corte Suprema di New York, accusa e difesa presenteranno le conclusioni sulle 34 contestazioni di Trump
Il processo a Donald Trump entra nella settimana decisiva: nella stanza 1530, al quindicesimo piano del grattacielo che ospita la Corte suprema della contea di New York, accusa e difesa faranno gli interventi conclusivi, probabilmente occupando l’intera udienza.
In tal caso la giuria popolare, composta da cinque donne e sette uomini, si riunirà da mercoledì e ogni giorno potrebbe essere quello del verdetto.
Trump è accusato di 34 capi d’imputazione riguardanti la falsificazione di documenti fiscali per nascondere il pagamento con fondi elettorali a due donne, la pornostar Stormy Daniels e l’ex modella di Playboy Karen McDougal, che durante la campagna presidenziale del 2016 avevano minacciato di rivelare di aver avuto rapporti sessuali con il tycoon.
Lo scandalo, che avrebbe potuto scoppiare a pochi giorni dalle elezioni, avrebbe potuto avere effetti devastanti su Trump, il quale venne eletto presidente degli Stati Uniti poche settimane dopo, battendo Hillary Clinton.
Trump ha sempre respinto le accuse negando di aver mai avuto rapporti con le due donne e di aver pagato il suo ex avvocato Michael Cohen, che aveva anticipato i soldi alla pornostar.
Trump sostiene che gli assegni firmati a favore di Cohen fossero parte degli onorari mensili e non un rimborso per i soldi anticipati. Ecco cosa aspettarsi e cosa potrebbe accadere in base al verdetto.
Per condannare Trump i giurati devono raggiungere l’unanimità. Secondo gli analisti che hanno seguito queste quasi cinque settimane di processo, è difficile ma non impossibile: i giurati non devono concordare su un singolo reato specifico, ma ritenere che Trump abbia commesso uno dei reati contestati.
Tecnicamente, alcuni giurati potrebbero essere convinti che Trump abbia manomesso i dati finanziari per coprire un reato fiscale, mentre altri potrebbero ritenere che abbia falsificato i dati sui pagamenti per coprire un crimine federale, come l’uso improprio di fondi elettorali.
La difesa ha sostenuto che i giurati dovrebbero raggiungere l’unanimità su un singolo reato specifico, mentre il procuratore Matthew Colangelo ha ribattuto che la legge non lo richiede.
“L’importanza del caso non è sufficiente a far deviare l’applicazione standard della legge. Non c’è nessuna ragione per riscrivere la legge,” ha spiegato il rappresentante dell’accusa.
Il giudice che presiede il processo, Juan Merchan, ha appoggiato la posizione dell’accusa e dichiarato che non avrebbe imposto ai giurati di seguire l’indicazione della difesa.
Se la giuria dovesse emettere un verdetto di colpevolezza, Trump non lascerà l’aula in manette, come sperano molti elettori democratici.
Il tycoon sarebbe probabilmente libero di lasciare la Corte fino a quando il giudice Merchan non fisserà l’udienza per annunciare l’ammontare della condanna.
In quel caso, andranno valutate alcune condizioni a suo favore: l’età (Trump ha 77 anni) e la mancanza di precedenti condanne.
Tuttavia, si terranno in considerazione anche le continue violazioni dell’imputato al divieto di accusare pubblicamente giudici, procuratori, giurati e testimoni.
La sentenza potrebbe prevedere una multa, la libertà vigilata o, come ultima ipotesi, il carcere. Trump farebbe appello, innescando un procedimento molto lungo che andrebbe probabilmente oltre il voto di novembre. I suoi avvocati sono pronti a rivolgersi alla divisione d’appello di Manhattan e alla Corte d’appello.
Ma Trump potrebbe davvero finire in prigione? È altamente improbabile questa ipotesi. I 34 capi d’imputazione contestati a Trump fanno parte della categoria E dei reati, la più bassa secondo le leggi dello Stato di New York.
Ogni accusa, se accolta, conduce a un massimo di quattro anni di carcere, ma non si può fare una somma aritmetica, spiegano gli analisti giudiziari. Inoltre, Trump è accusato di reati non violenti.
È possibile che il giudice non voglia essere il primo a mandare dietro le sbarre un ex presidente degli Stati Uniti e attuale candidato presidenziale.
C’è anche un problema pratico: come tutti gli ex presidenti, Trump ha diritto alla protezione a vita da parte dei Servizi segreti, il che significherebbe che gli agenti dovrebbero proteggerlo anche in cella. La vita nel carcere con un detenuto di questa rilevanza verrebbe stravolta, con costi ingenti per lo Stato.
Altra domanda fondamentale: Trump potrebbe continuare a candidarsi per le presidenziali? La risposta è sì, la Costituzione americana fissa alcune condizioni per poter essere eletti: bisogna avere almeno 35 anni, essere nato negli Stati Uniti e aver vissuto nel Paese per almeno 14 anni. Non ci sono condizioni che vietano l’eleggibilità a chi ha commesso reati.
L’ipotesi concreta è sul fatto che il verdetto di colpevolezza potrebbe incidere sul voto: secondo un sondaggio condotto all’inizio dell’anno da Bloomberg e Morning Consult il 53% degli elettori dei cosiddetti “swing states”, cioè quelli in bilico, si rifiuterebbe di votare per un Repubblicano, se fosse condannato.
Un altro sondaggio, realizzato nelle scorse settimane da Quinnipiac University, mostra che il 6 per cento degli elettori di Trump sarebbe meno invogliato a votarlo, se il tycoon uscisse da condannato al processo.
Nel caso venisse eletto, non potrebbe graziarsi perché i presidenti degli Stati Uniti possono concedersi la grazia solo per i reati federali.
Lo stesso vale per l’incriminazione in Georgia, dove il tycoon è accusato, in concorso, di aver tentato di ribaltare il risultato elettorale delle presidenziali del 2020.
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