Trump propone la chiusura del dipartimento dell’Istruzione attraverso un ordine esecutivo. Nonostante la bozza richieda a Linda McMahon di trasferire funzioni, il Congresso potrebbe bloccare la manovra. Intanto, sono stati annullati contratti “woke” e continuano i tagli al personale
L’amministrazione Trump sta valutando la chiusura del ministero dell’Istruzione, un passo che potrebbe avere conseguenze significative sul sistema educativo statunitense. Il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che incarica la nuova segretaria all’Istruzione, Linda McMahon, di avviare il processo per la chiusura del dipartimento. Tuttavia, la realizzazione di questo piano dipende fortemente dal Congresso, dove la maggioranza repubblicana presenta delle limitazioni che rendono difficile l’approvazione di tale misura.
Una bozza dell’ordine esecutivo mette in evidenza che, nonostante la volontà del presidente, non ha il potere di chiudere autonomamente il ministero. Per procedere in tal senso, sarebbe necessaria una legislazione del Congresso, che richiederebbe il consenso di almeno 60 senatori. Attualmente, i repubblicani detengono solo 53 seggi, il che rende improbabile il superamento di un eventuale ostacolo legislativo.
L’ordine esecutivo richiede a McMahon di adottare “tutte le misure necessarie” per facilitare la chiusura del dipartimento “nella misura massima appropriata e consentita dalla legge”. Ciò include la possibilità di trasferire varie funzioni del ministero ad altre agenzie governative, ma qualsiasi tentativo in questo senso potrebbe incorrere in ostacoli legali, poiché molti programmi sono regolati da leggi specifiche che assegnano compiti e responsabilità al ministero dell’Istruzione.
Il ministero dell’Istruzione è responsabile della gestione di diverse sovvenzioni federali cruciali, come:
La chiusura del ministero o la sua ristrutturazione potrebbero quindi avere conseguenze dirette su milioni di studenti e scuole in tutto il paese.
Inoltre, l’amministrazione Trump ha già avviato un processo di riduzione del personale e dei programmi, con una riduzione significativa delle sovvenzioni e dei contratti ritenuti “woke” o non necessari. Queste misure sono state giustificate dalla segretaria McMahon come parte di una missione per eliminare la burocrazia e trasferire l’autorità educativa agli Stati, un approccio che ha suscitato preoccupazioni tra esperti e educatori riguardo alla possibile erosione della qualità dell’istruzione.
Negli ultimi mesi, l’amministrazione ha intrapreso azioni contro istituti e programmi ritenuti non allineati con la sua visione. Ad esempio, l’Istituto di scienze dell’istruzione, che raccoglie dati sui progressi accademici, è stato smantellato, e numerosi dipendenti sono stati licenziati o sospesi. Queste azioni hanno sollevato interrogativi sulla trasparenza e sull’affidabilità delle informazioni educative disponibili, essenziali per il monitoraggio dei progressi degli studenti.
Critiche sono arrivate anche da diverse associazioni di educatori e da esperti di politiche pubbliche, i quali avvertono che una chiusura o una ristrutturazione del ministero potrebbe comportare un aumento delle disuguaglianze educative, specialmente per le comunità più vulnerabili. Molti temono che senza un ente centrale a fungere da coordinatore e supervisore, le disparità tra i vari distretti scolastici potrebbero amplificarsi.
Attualmente, l’amministrazione Trump si trova ad affrontare anche sfide legali in altre aree. Recentemente, una decisione di un consiglio federale ha reintegrato migliaia di dipendenti licenziati dal Dipartimento dell’Agricoltura (USDA), ritenendo che i licenziamenti avessero violato procedure federali. Questo episodio evidenzia le difficoltà che l’amministrazione potrebbe incontrare nel perseguire una riduzione rapida della burocrazia governativa, un obiettivo dichiarato di Trump.
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