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MONDO

Terremoto in Marocco, se a pagare il prezzo più alto sono donne e bambini

Si aggrava di ora in ora il bilancio delle vittime del devastante sisma che lo scorso venerdì ha colpito il Marocco. Secondo gli ultimi dati forniti dal ministero dell’Interno, i morti sono quasi 2.900, inclusi bambini, mentre si contano oltre 2.500 feriti. E come in ogni catastrofe naturale a pagare il prezzo più alto sono i fragili e i vulnerabili, come donne e minori.

Se a pagare sono i bambini

Secondo l’Unicef, sono circa 100mila i bambini colpiti dal terremoto di magnitudo 6.8, un terzo delle persone coinvolte tra la regione di Marrakech e le montagne dell’Alto Atlante.

L’Agenzia delle Nazioni Unite non è ancora in grado di stimare il numero esatto dei minori rimasti uccisi e feriti, ma lancia l’allarme sulle condizioni in cui versano le famiglie sfollate, costrette a dormine all’addiaccio, con le temperature che durante la notte si fanno rigide.

Come se non bastasse, scuole, ospedali e altre strutture mediche e educative sono stati danneggiati o distrutti dalle sisma, con un ulteriore impatto sui bambini.

Le donne e i poveri

Il terremoto non è uguale per tutti. Specie per le donne e i poveri. Anche in un contesto di emergenza le discriminazioni sono dure a morire. E così capita, come documentato da un reportage di Repubblica, che persino beni essenziali, come le tende dopo un terremoto, vengano distribuite secondo criteri del tutto arbitrari.

“La vergogna è che danno le tende ai più ricchi: chi può pagare qualcosa agli agenti trova la sua brandina. Noi restiamo fuori. Non abbiamo nemmeno una coperta. E la notte è freddo. Siamo scesi dalle montagne per trovare un riparo, ma non ci vogliono aiutare”, hanno raccontato degli sfollati al quotidiano romano.

Io un posto in tenda non lo avrò mai. Sono sola, non sono sposata, un poliziotto mi ha detto: che vuoi? Sei solo una donna, vattene”, è un’altra testimonianza.

Foto | EPA/YOAN VALAT – Newsby.it

La macchina dei soccorsi

Decine di migliaia di persone continuano a trascorrere la notte all’aperto, mentre sui monti dell’Atlas non si ferma la disperata corsa contro il tempo per salvare i sopravvissuti dalle macerie, dopo il terremoto che ha raso al suolo interi villaggi e interrotto le vie di comunicazione.

Molti feriti sono ancora in attesa di cure e la distruzione – soprattutto nella provincia di Al Haouz, epicentro del sisma – è tale che il bilancio appare destinato a salire.

Intanto cresce la frustrazione della popolazione nelle aree più remote, dove ancora non sono arrivate le squadre dei soccorsi per tentare di tirare fuori dalle macerie gli ultimi sopravvissuti.

E mentre negli ospedali si accalcano le file per donare il sangue, le squadre di soccorso di Regno Unito, Spagna, Qatar ed Emirati Arabi Uniti sono in viaggio verso il Marocco. Gli unici Paesi da cui finora il governo di Rabat abbia accettato aiuti internazionali.

In questa fase invece ci sarebbe bisogno di tutto il sostegno possibile perché alle persone non è rimasto niente, spiega il direttore regionale delle Società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, Hossam El Sharkawi: “I sopravvissuti, come mostrano molti report, hanno bisogno di cibo e acqua, coperte, riparo e alcune medicine”. Mentre i soccorritori locali giunti al terzo giorno “sono esausti e hanno bisogno di ulteriore aiuto”.

Gli aiuti internazionali

La comunità internazionale si interroga sul rifiuto del governo marocchino difronte alle offerte di solidarietà arrivate da tutto il mondo. Intanto il re Muhammad VI ancora non si fa vedere, né in tv né nelle aree colpite, per mostrare vicinanza ai sudditi che piangono quasi 3mila morti, limitandosi a decretare tre giorni di lutto nazionale e a lanciare un appello alla preghiera.

A bruciare è soprattutto il no alla mano tesa dalla Francia. L’ex protettorato francese e Parigi sono ai ferri corti, in particolare da quando è scoppiato il caso Pegasus, che avrebbe rivelato come Rabat intercettasse le telefonate del presidente Emmanuel Macron attraverso il sistema israeliano.

Sullo sfondo restano altre crisi, come quella del Sahara occidentale conteso. Nessun Paese dell’Unione europea riconosce l’indipendenza del Fronte Polisario, ma la Spagna avrebbe recentemente ammorbidito le proprie posizioni per non compromettere le relazioni tra le due sponde dello Stretto di Gibilterra.

Parigi dal canto suo ha smentito che esista una “querelle” tra i due governi. La ministra degli Esteri Catherine Colonna ha invitato a rispettare la decisione del Marocco, che è un “Paese sovrano”, e ha ribadito che la Francia “resta a disposizione” del regno di Muhammad VI. Intanto ha stanziato 5 milioni di euro per aiutare le Ong attualmente “sul posto”.

Anche la Commissione europea ha sbloccato un milione di euro per “contribuire alle necessità più urgenti della popolazione” e ha contattato gli Stati membri “per una possibile mobilitazione delle squadre di intervento”. Ma sempre “qualora il Marocco lo ritenga necessario”.

Per l’Italia, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ieri ha ribadito che Roma è “pronta ad aiutare”, con la Protezione civile e inviando “materiale, tende, medicinali”.

Federica Giovannetti

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