I talebani, nella prima conferenza stampa dopo la presa del potere e la proclamazione dell’Emirato islamico, hanno dichiarato che le donne potranno far parte del governo, “in rispetto della Sharia”, ovvero della legge coranica. Il tentativo dei talebani è stato mostrare un volto meno crudele e oscurantista rispetto al regime che governò l’Afghanistan negli anni Novanta.
Il timore, tuttavia, è che sia solo un’operazione di facciata e i talebani torneranno ad applicare in modo crudele i precetti del Corano, in particolare nei confronti delle donne. Ecco perché capire cosa è la Sharia, può aiutare nel comprendere quale potrebbe essere l’evoluzione del regime che ha nuovamente preso il potere nel Paese.
Le fonti della Sharia
Nel lessico islamico e coranico la Sharia è la “strada rivelata”, e quindi la legge sacra, non elaborata dagli uomini ma imposta da Dio. La Sharia, è bene chiarire, non è un codice scritto. Per questo è sviluppata dal diritto islamico a partire dalle sue fonti canoniche, che sono il Corano e la Sunna (le consuetudini nate dallo studio dell’insieme degli atti e dei detti di Maometto, classificati nel corso dei secoli).
Gli unici obblighi di natura giuridica del Corano sono solo in 80 versetti su oltre seimila. Le altre norme, la Sharia, appunto, sono frutto di analisi, ragionamenti, studi stratificati nel corso dei secoli. Questa giurisprudenza è stata in gran parte elaborata attraverso opinioni legali (fatwa) emesse da giuristi qualificati (mufti).
Non esiste, infatti, un insieme di norme e leggi uguali nel mondo musulmano. E per questo, alcuni Stati, come l’Afghanistan degli anni Novanta la applicano in maniera più rigida, ad esempio dell’Arabia Saudita. Tuttavia, a livello empirico è provato che tutti gli Stati musulmani che la applicano, sono anche quelli che garantiscono ai cittadini meno diritti e libertà individuali.
Come si applica la legge coranica
La Sharia influenza sia la vita privata del fedele, dal punto di vista del culto o delle regole morali e religiose, sia l’organizzazione dello Stato. Ogni atto dell’individuo è classificabile secondo una scala di accettabilità rispetto alla religione. Al primo posto ci sono le obbligazioni di fede (i “pilastri dell’Islam”: la testimonianza di fede; la preghiera; l’elemosina legale; il digiuno; il pellegrinaggio), all’ultimo gli atti vietati.
La Sharia comprende anche il diritto penale. I delitti più gravi sono quelli contro Dio, ossia l’apostasia e la blasfemia. Seguono l’adulterio, il consumo di bevande alcoliche, il furto e la rapina. Per tutti questi le pene previste dalla Sharia sono severe e arrivano fino alla morte. Per l’omicidio, prevede invece un complesso sistema di compensi, conosciuto come la legge del taglione, da corrispondere alla famiglia della vittima.
Sharia e politica: gli Stati teocratici e laici
La Sharia è stata la fonte del diritto fin dai tempi dei primi califfati arabi. Gli Stati moderni l’hanno abolita, influenzati dal nazionalismo laico che caratterizzò un periodo della vita del Medio Oriente nella metà del Ventesimo secolo. A partire dagli anni Settanta, tuttavia, il diffondersi dell’islamismo radicale ha portato alla reintegrazione, parziale o totale, della Sharia.
Applicano totalmente la Sharia, nel mondo sunnita, l’Arabia Saudita e nel mondo sciita l’Iran. La Sharia è stata dichiarata nel 1991 Legge Suprema anche in Pakistan, mentre l’Iraq nel 2005 ha posto la religione islamica fra le fonti legali fondamentali.
Stati con un sistema misto in cui i principi religiosi regolano solo i rapporti privati, come ad esempio il diritto di famiglia si trovano sia in Nord Africa che in Medio Oriente. Infine, la separazione tra Stato e religione è totale in Tunisia, Bosnia e i Paesi dell’Asia centrale nati dalla caduta dell’Urss.