Venerdì scorso, dopo un intenso dibattito di cinque ore, la Camera dei Comuni del Regno Unito ha approvato in seconda lettura una proposta di legge per permettere e regolamentare la morte assistita. Questa pratica consentirebbe, in determinate condizioni, a una persona di autosomministrarsi un farmaco letale prescritto da un medico. La prima lettura, che è una formalità senza dibattito né voto, era già stata superata. Il voto rappresenta un momento storico per il Regno Unito, che attualmente non dispone di una normativa specifica sulla morte assistita.
Nel Regno Unito un primo storico voto a favore della morte assistita
La proposta di legge non riguarda l’eutanasia, che è distinta dalla morte assistita. Mentre nella prima è il medico a somministrare attivamente il farmaco al paziente, nella seconda è la persona stessa a farlo, con il personale medico che si limita a prescrivere e fornire il farmaco. Al momento, sia l’eutanasia che la morte assistita sono illegali nel Regno Unito. In Italia, invece, il suicidio assistito è consentito in casi specifici, ma non grazie a una legge, bensì a una sentenza della Corte costituzionale.
Per entrare in vigore, la proposta dovrà superare una terza lettura alla Camera dei Comuni e poi essere approvata dalla Camera dei Lord. Questo iter richiederà diversi mesi, ma il voto di venerdì ha avuto un’importanza cruciale. L’aula si è infatti pronunciata su un emendamento demolitore (wrecking amendment), che mirava a bloccare ulteriori discussioni sulla proposta. Con 330 voti a favore e 275 contrari, l’emendamento è stato respinto, permettendo così la continuazione del dibattito.
L’ultima volta che la Camera aveva esaminato una legge sulla morte assistita risale al 2015, quando la proposta fu respinta. Nel 2022 un’altra proposta, presentata alla Camera dei Lord, non ebbe seguito. Questa nuova proposta, invece, è considerata una delle più dibattute degli ultimi anni. È stata introdotta dalla deputata Laburista Kim Leadbeater, sorella della parlamentare Jo Cox, uccisa nel 2016 da un estremista con simpatie naziste.
La proposta prevede la possibilità di accedere alla morte assistita per persone con malattie terminali e un’aspettativa di vita inferiore ai sei mesi. Tra i requisiti, i richiedenti devono avere almeno 18 anni, essere residenti in Inghilterra o Galles e risultare capaci di prendere decisioni libere e consapevoli. La richiesta deve essere formalizzata attraverso due dichiarazioni scritte, seguendo un modello contenuto nel disegno di legge, firmate alla presenza di un medico e di un altro testimone.
Il processo di verifica è rigoroso: due medici indipendenti devono accertare la capacità del richiedente di intendere e volere, nonché la sua idoneità a soddisfare i criteri stabiliti. Successivamente, un giudice deve esaminare la documentazione, convocare udienze con i medici e, se necessario, con il richiedente stesso. La decisione finale deve essere presa entro 14 giorni. Se approvata, il medico fornirà il farmaco e sarà presente durante l’autosomministrazione per garantire che il processo avvenga correttamente. Qualora il paziente cambi idea, il medico è obbligato a ritirare immediatamente il farmaco.
La proposta introduce severe pene per chiunque tenti di influenzare la decisione del paziente, con sanzioni che possono arrivare fino a 14 anni di carcere. Questo aspetto mira a prevenire abusi e pressioni indebite sui pazienti più vulnerabili.
Venerdì, l’emendamento demolitore proposto dagli oppositori sosteneva che l’iter previsto per esaminare la legge fosse inadeguato per una questione di tale importanza. In particolare, si lamentava la scarsità di tempo dedicata alle discussioni, dato che la proposta è una Private Members’ Bill (legge presentata da un deputato non appartenente al governo), il cui iter è generalmente più breve rispetto a quello delle proposte governative. Tuttavia, la maggioranza della Camera dei Comuni ha deciso di procedere con l’esame.
Il dibattito sulla morte assistita è estremamente divisivo, non solo tra i parlamentari, ma anche nella società britannica. Il voto si è svolto in modalità di “voto libero”, una procedura informale che consente ai deputati di votare secondo coscienza, senza essere vincolati dalla linea del partito.