Ramzan Kadyrov è “nascosto in un seminterrato a Ivankiv”, dice il ministero degli Interni ucraino. “No, le informazioni dei vostri servizi segreti sono sbagliate. Sono a Gostomel e mi sto avvicinando a Kiev”, ribatte lui su Telegram. Mancava una conferma ufficiale, ma ora sembra certo: il sanguinario leader ceceno è in Ucraina ed è pronto a combattere al fianco di Vladimir Putin.
La notizia circolava già da alcune ore, da quando lo stesso Kadyrov ha iniziato a pubblicare alcuni video che lo ritraggono in tenuta mimetica assieme ad alcuni suoi collaboratori su suolo ucraino. “Nel video siamo a Gostomel. L’altro giorno eravamo a circa 20 km da voi nazisti di Kiev e ora siamo ancora più vicini”, commenta sul suo canale Telegram da oltre un milione di iscritti. Dove non si risparmia neppure delle minacce: “Rilassatevi, perché non dovete cercarci: vi troveremo noi. E non avete molto tempo. Meglio che vi arrendiate, come ho suggerito più di una volta, o sarà la vostra fine“.
Quarantacinque anni compiuti lo scorso 5 ottobre, Ramzan Kadyrov è dal 2007 il controverso presidente della Cecenia, una repubblica della Federazione Russa. A nominarlo è stato direttamente Putin, dopo l’assassinio del padre Achmat Kadyrov, morto il 9 maggio 2004 in un attentato. Nel 2010 il titolo di presidente è mutato in capo della Repubblica Cecena, ruolo che Kadyrov ha assunto l’anno successivo su proposta di Dmitrij Medvedev.
Quella di Kadyrov è a tutti gli effetti una dittatura: nella Repubblica Cecena è stata infatti abolita la carica di primo ministro e non sono garantiti neppure i più elementari diritti civili. Più volte gli sono state inoltre rivolte accuse di omicidi e torture, soprattutto nei confronti di omosessuali e oppositori politici. Il caso più noto è quello di Boris Nemcov, noto critico dello Zar Putin, ucciso il 27 febbraio 2015 a Mosca. Il Cremlino ha però sempre smentito il coinvolgimento di Kadyrov nella sua morte.
L’Ong tedesca per i diritti umani Associazione per i Popoli Minacciati sostiene che circa il 70% di tutti gli omicidi, stupri, rapimenti e casi di tortura in Cecenia siano opera dell’esercito privato agli ordini di Kadyrov. Per anni è stato infatti a capo del Servizio di sicurezza presidenziale ceceno, una forza di sicurezza interna nota come Kadyrovtsy. Di questa milizia farebbero parte circa 3mila uomini.
Nell’aprile del 2017, la stampa indipendente russa e Amnesty International hanno accusato Ramzan Kadyrov di aver aperto (con l’appoggio di Mosca) un “campo di concentramento” per torturare gli omosessuali. Il suo portavoce ha però negato tutto, sostenendo che “non si possono perseguitare coloro che semplicemente non ci sono in Cecenia“.
All’inizio della pandemia di Covid-19 Kadyrov ha a lungo negato l’esistenza del virus, rifiutandosi di adottare delle misure per contenere i contagi; per poi sostenere che per guarire bastasse una semplice cura a base di miele, limone e aglio. A fine marzo del 2020 ha quindi introdotto la quarantena per i positivi, con pena di morte in caso di violazione. Infine, nel maggio dello stesso anno ha contratto il virus, ammalandosi in modo grave, tanto che si è reso necessario il ricovero in una clinica specializzata in Russia.
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