Come ampiamente previsto, dalla Georgia è arrivata un’altra incriminazione per l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. La quarta collezionata nel giro di cinque mesi.
Dopo le accuse per il pagamento all’attrice di film porno Stormy Daniels, le carte riservate di Mar-a-Lago e l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, oggi il tycoon che aspira a un secondo mandato alla Casa Bianca infatti è stato incriminato dalla giuria della contea di Fulton, nella città di Atlanta, per aver tentato di ribaltare il risultato elettorale della Georgia nel 2020.
Al termine di una lunga ed estenuante vigilia di Ferragosto, il gran giurì ha approvato prima del previsto le accuse illustrate dalla procuratrice distrettuale Fani Willis dopo aver sentito alcuni testimoni chiave.
Immediata la reazione di Trump, che dalla sua piattaforma social Truth ha parlato di un’incriminazione “truccata” e ha denunciato una presunta “caccia alle streghe” visto che le accuse arrivano “proprio nel bel mezzo della campagna elettorale”.
Secondo l’accusa, l’ex presidente Usa avrebbe tentato di influenzare il risultato elettorale provando, tra le altre cose, a convincere il segretario di Stato Brad Raffensperger a “trovare” poco meno di 12mila voti che gli mancavano per ribaltare il voto in suo favore.
L’ex presidente è incriminato in associazione con altre 18 persone. Tra loro figurano anche il suo ex avvocato personale Rudy Giuliani, il suo ex capo dello staff Marc Meadows, nonché i legali Kenneth Chesebro e John Eastman, considerati gli architetti del piano per usare elettori pro Trump falsi in Georgia e in altri Stati conquistati dall’attuale presidente Usa Joe Biden.
La procuratrice ha dato agli imputati tempo fino al 25 agosto “per consegnarsi volontariamente”.
Le accuse – articolate in ben 41 capi di imputazione, di cui 13 per Trump – ruotano intorno alla violazione della legge Rico su estorsione e criminalità organizzata (Racket influenced and corrupt organizations). Quella usata generalmente contro le associazioni criminali anche di stampo mafioso, per inquisire non solo gli esecutori ma anche i mandanti. Le pene vanno dai 5 ai 20 anni di carcere.
Tra i reati contestati, l’associazione a delinquere finalizzata a sollecitare un pubblico ufficiale a violare il suo giuramento di fedeltà. Si tratta della famigerata telefonata fatta da Trump all’allora segretario di Stato repubblicano Brad Raffensperger per chiedergli di trovare i voti necessari a vincere su Joe Biden.
L’indagine è partita proprio dall’intercettazione della conversazione in cui si sente l’ex inquilino della Casa Bianca fare pressione sul funzionario locale: “Voglio solo trovare 11.780 voti, cioè uno in più di quelli che abbiamo”.
“Una telefonata perfetta”, secondo il tycoon, il cui staff è tornato nuovamente ad attaccare la procuratrice, accusandola di essere una “fanatica” di parte che ha “strategicamente” rallentato la propria indagine per “massimizzare le interferenze” con la campagna elettorale.
“Si è trattato di un’associazione a delinquere finalizzata a sovvertire il risultato delle elezioni del 2020 in Georgia. Le mie decisioni sono basate sui fatti e sulla legge”, ha replicato Willis in una conferenza stampa notturna, spiegando che cercherà di ottenere il processo nel giro di sei mesi.
La difesa intanto affila le armi e già medita di contestare il difetto di giurisdizione della procuratrice distrettuale per trasferire il caso, statale, alla giustizia federale, con reati che rientrerebbero così nel potere di grazia del presidente.
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