Trenta seggi da assegnare, 284 candidati in corsa, ma nessuna donna eletta. È questo l’esito delle prime elezioni della storia del Qatar, conclude ieri. Elezioni che, per la verità, non cambieranno gli equilibri del Paese del Golfo, dove il potere reale resta in mano all’emiro e alla famiglia reale.
In totale erano 28 le donne candidate per 30 dei 45 posti disponibili all’interno del Majlis al-Shura, un organo consultivo con scarso potere. Solitamente era l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani a nominarne i membri, mentre ora dovrà limitarsi a scegliere i 15 componenti restanti.
L’ultima speranza per vedere una donna all’interno dell’assemblea legislativa qatariota è dunque nelle mani di al-Thani, che potrebbe decidere di assegnare a qualche candidata uno dei 15 posti vacanti. Al momento, riferiscono le agenzie, non è però ancora chiaro quando saranno annunciate le nomine né quando si terrà la prima riunione del Majlis al-Shura.
I candidati, come detto, erano in totale 284 e prima di presentarsi hanno dovuto aspettare l’approvazione preventiva del Ministero dell’Interno. Assenti, invece, i partiti politici, che in Qatar sono vietati per legge. Nel Paese del Golfo risiedono circa 2,5 milioni di abitanti, ma la maggioranza è costituita da stranieri, i quali non hanno dunque il diritto di voto.
La popolazione autoctona è composta dunque da circa 330mila qatarioti, le cui famiglie detengono la cittadinanza almeno dal 1930. Fra questi, però, la possibilità di recarsi alle urne è riservata solo a chi ha una pura discendenza locale: circa 260mila cittadini, poco più del 10% della popolazione.
Secondo i primi dati ufficiali, l’affluenza alle urne di ieri si è aggirata attorno al 63,5%. Dato di gran lunga superiore a quello registrato nel 2019, quando alle elezioni comunali aveva votato meno di un elettore qatariota su dieci. Secondo gli osservatori internazionali, comunque, queste elezioni non avranno il potere di modificare gli equilibri politici a Doha.
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