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MONDO

Putin, prime crepe nel “cerchio magico” dello Zar

Non è bastata la ricomparsa in pubblico del ministro della Difesa, Sergei Shoigu, a calmare le acque agitate in quel di Mosca. Perché ora al Cremlino sembra nato un piccolo fronte interno pronto a fare breccia nel “cerchio magico” dello Zar Vladimir Putin.

Fonti ucraine sostengono che l’allontanamento di Shoigu era stato dettato da motivi di salute. Più precisamente da un infarto che lo avrebbe colpito dopo essere stato “incolpato” del fallimento della blitzkrieg in Ucraina. Come detto, Shoigu è riapparso in un video che però ha destato molti sospetti sia sulla reale data della registrazione sia sulle sue condizioni fisiche attuali. Immagini che di certo non contribuiscono a rallegrare l’umore delle truppe russe sul campo, dove alcuni soldati si rifiuterebbero perfino di eseguire gli ordini dei loro superiori, secondo l’intelligence britannica. Questo, però, non è l’unico problema a cui Putin deve far fronte.

Putin e lo stop al gas in rubli: l’opposizione di Nabiullina e Novak

Resta invece “desaparecido” il terzo uomo – insieme a Putin e Shoigu – a detenere i codici nucleari russi. E cioè il capo di stato maggiore Valery Gerasimov, scomparso dai radar il 12 e la cui assenza è tuttora un mistero. Circostanza strana per il capo di un esercito nel pieno di una guerra. Secondo il Moscow Times, si sarebbero perse le tracce anche di altri alti funzionari di Mosca.

Foto Wikimedia Commons | Dipartimento di Stato americano

Come ad esempio Viktor Zolotov, direttore della Guardia nazionale russa; oppure il vice capo di stato maggiore Igor Kostyukov, attorno quale circolano voci secondo cui non godrebbe di buona salute. Infine, tra i grandi assenti figura anche Alexander Bortnikov, capo del Servizio federale per la sicurezza, apparso alle riunioni del Consiglio di sicurezza dell’11 e del 24 marzo. Ma sempre con gli stessi vestiti, con il medesimo sfondo alle spalle, solo per pochi secondi e senza proferire parola.

Stando alle notizie – difficili da verificare – che si rincorrono, tutti loro avrebbero sollevato dei dubbi e delle perplessità sul conflitto in Ucraina, suscitando così l’ira dello Zar. Il quale, ha reso noto nelle scorse ore la Casa Bianca, sarebbe stato “mal informato” sulle strategie militari da seguire da parte dei suoi fedelissimi consiglieri. Da qui la stasi dell’avanzata e l’insoddisfazione dei militari al fronte.

LEGGI ANCHE: Che fine hanno fatto due fedelissimi di Putin? | È giallo in Russia

Ma anche nel fronte interno non mancano i problemi. Basta vedere la disperata “mossa del cavallo” sul pagamento del gas in rubli del leader russo, ora costretto a un clamoroso dietrofront. La misura sarebbe dovuta scattare oggi, 31 marzo, ma così non sarà. Già ieri, infatti, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dovuto ammettere che “questo processo richiede tempo da un punto di vista tecnico”. Tradotto: la Russia è costretta ad accettare ancora euro e dollari, Gazprom non ridurrà le forniture in Europa e il valore della moneta russa è sempre in caduta libera.

Dietro a questo stop, però, ci sarebbe l’opposizione di un piccolo fronte interno, guidato da Elvira Nabiullina, governatrice della Banca centrale di Mosca. Nabiullina, dopo l’invasione dell’Ucraina, avrebbe anche provato per due volte a dimettersi. Ma, rivela l’agenzia Bloomberg, per due volte sarebbe arrivato un “niet” dallo Zar. Al suo fianco in questa crociata ci sarebbe poi il vicepremier Alexander Novak, ex ministro dell’Energia.

Foto Wikimedia Commons | council.gov.ru/duma.gov.ru (CC BY-SA 4.0)

Il duo Nabiullina-Novak avrebbe dovuto infatti presentare entro oggi il piano dettagliato per attuare l’operazione del gas in rubli. Entrambi, però, pare che abbiano fatto capire a Putin l’impraticabilità di questa strada. Perché da un lato si tratterebbe di una violazione unilaterale dei contratti in essere (come avevano avvertito gli Stati del G7); mentre dall’altro non ci sono abbastanza rubli sui mercati internazionali per permettere ai Paesi europei “ostili” di acquistarne per pagare le forniture di Gazprom.

Insomma, oltre che sul campo di battaglia, i guai sembrano ora arrivati fino alla scrivania del presidente russo. E, secondo alcuni osservatori, nel suo “cerchio magico” sarebbero già spuntate le prime crepe. Basti pensare che il numero dei fedelissimi di Putin si è ridotto sensibilmente con l’inizio della guerra. Alti funzionari ed oligarchi a parte, sarebbero rimasti solo cinque “siloviki”, cinque “uomini forti”. Il potente ministro degli Esteri Sergei Lavrov, il direttore del servizio di intelligence internazionale, Sergei Naryshkin, il segretario del Consiglio di sicurezza, Nikolai Patrushev, l’a.d. di Rosneft, Igor Sechin, e il già citato Shoigu. Il redivivo Shoigu.

Alessandro Boldrini

Classe 1998, laureato in Scienze Umanistiche per la Comunicazione alla Statale di Milano, sono giornalista pubblicista dal 2019. Mi occupo di cronaca nera, giudiziaria e inchieste sulla criminalità organizzata. Ho mosso i primi passi nella cronaca locale, fino a collaborare con il quotidiano statunitense The Wall Street Journal. Sono un attivista antimafia e partecipo come relatore ad assemblee pubbliche sul tema al fianco di magistrati ed esperti del settore. Amo il calcio, la musica, il cinema e la fotografia.

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