Emmanuel Macron è non poco preoccupato in vista di quello che succederà a brevissimo: i cittadini della Francia torneranno infatti a votare. Ciò che ora agita le notti del presidente rieletto è lo spettro della coabitazione. Ovvero la possibilità che il suo partito non abbia la maggioranza all’Assemblea Nazionale e che debba quindi convivere con un primo ministro di un altro colore politico. È lo spettro di quello che potrà già accadere nel primo turno delle elezioni legislative di domenica 12 giugno. Il primo passo per fornire a Macron una maggioranza che gli permetta di governare per i prossimi cinque anni.
I sondaggi, in realtà, dicono che la coabitazione non un’ipotesi non così probabile. Secondo l’ultima rilevazione Ifop, nonostante la coalizione di sinistra sia in vantaggio in termini di voti assoluti rispetto ad Ensemble!, il blocco macroniano (26%-25%), il meccanismo del doppio turno dovrebbe garantire al Presidente tra i 250 e i 290 seggi, molto vicini alla quota della maggioranza assoluta (289). Inoltre, se la maggioranza dovesse essere mancata di poco, resta percorribile la pista di un’alleanza con la coalizione di centrodestra che ruota intorno ai gollisti di Les Républicains, accreditata ad oggi di 40-55 seggi.
Ma la principale sfida a Macron, questa volta, viene da sinistra. Ad inizio maggio i principali partiti dell’area progressista hanno annunciato la nascita della NUPES: la Nouvelle Union Populaire Écologique et Sociale. Un’unione della sinistra insperata alla vigilia. Ma che se non altro ha rinvigorito un’area politica da tempo in crisi d’identità. Ad oggi la NUPES, secondo il sondaggio di Ifop, raccoglierebbe tra i 195 e i 230 seggi. Non abbastanza, in effetti, per permettere a Mélenchon di realizzare l’obiettivo dichiarato della coalizione, ovvero eleggerlo primo ministro. Ma una tale affermazione imporrebbe con forza all’Assemblea Nazionale un’agenda per la verità piuttosto radicale. Tra le 650 proposte del programma elettorale è possibile trovare l’aumento del salario minimo a 1400 euro netti, l’abbassamento dell’età pensionabile a 60 anni e una riforma istituzionale che porti la Francia nella “Sesta Repubblica”, ad esempio attraverso il passaggio al sistema proporzionale.
In più, le speranze della sinistra restano aggrappate proprio ad un sistema elettorale che rende particolarmente azzardato fare pronostici alla vigilia. Come afferma a FranceInfo il direttore dell’istituto Ipsos, Mathieu Gallard, la ripartizione dei seggi è infatti influenzata da troppe variabili. In ognuno dei 577 collegi in cui è ripartita la Francia, accedono al ballottaggio del 19 giugno tutti i candidati che superano la soglia del 12,5%. Questo meccanismo può portare a ballottaggi a due, tre, quattro o anche cinque candidati. Dando così il là ad un valzer di alleanze a geometrie variabili a seconda delle particolari situazioni locali, per cui un discreto margine di errore resta da tenere in considerazione.
In ogni caso, ci sono dei duelli che possono essere particolarmente indicativi delle direzioni che prenderanno i cittadini della Francia quando andranno a votare tra il primo turno e il ballottaggio del 19. I due collegi della Nièvre, ad esempio, sono stati per tutto il ‘900 terra di conquista dei socialisti. Qui nel 2017 i candidati macroniani hanno avuto la meglio, ma alle ultime presidenziali il Rassemblement National di Marine Le Pen ha ottenuto un ottimo risultato. L’esito di questa circoscrizione potrebbe quindi diventare simbolico di un eventuale “voto punitivo” ai danni della coalizione presidenziale. In Occitania, inoltre, le ambizioni della sinistra in un’area potenzialmente favorevole potrebbero subire una battuta d’arresto a causa dei candidati “dissidenti”, presentati dai socialisti contrari all’alleanza con il resto dell’area progressista. Delle crepe, nell’apparente unità ritrovata, che Macron spera di sfruttare a suo favore.
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