La detonazione dei dispositivi è costata la vita a dodici persone, tra cui almeno sei uomini dell’organizzazione paramilitare e due bambini
Anche se i cercapersone sono ormai passati di moda da parecchi anni, ci sono alcune circostanze nei quali possono rivelarsi più utili di uno smartphone. Il movimento politico e militare Hezbollah ha scelto di utilizzarli all’inizio del 2023, perché, a differenza dei cellulari, non possono essere geolocalizzati dai servizi segreti israeliani. In totale, i membri del gruppo ne possedevano circa cinquemila, molti dei quali sono esplosi simultaneamente martedì 17 settembre, causando la morte di dodici persone, tra cui almeno sei uomini di Hezbollah e due bambini, e il ferimento di altre migliaia di individui (quasi tremila, secondo quanto riferito dal ministero della Salute libanese). Le dinamiche di quanto avvenuto non sono state ancora chiarite con precisione, ma si ritiene che l’attacco sia stato organizzato e messo in atto da Israele.
I cercapersone sono esplosi dalle 15:30 in poi in almeno tre aree del Libano in cui la presenza di Hezbollah è molto forte: la capitale Beirut, la valle della Beqaa (non distante dal confine con la Siria) e nel Sud del Paese. Tutti i dispositivi coinvolti nell’attacco erano stati ordinati dall’azienda Gold Apollo di Taiwan, che però nelle ore successive ha dichiarato di non averli prodotti, limitandosi a concedere i diritti di produzione e ad apporre il proprio marchio su di essi. Il presidente della compagnia, Hsu Ching-Kuang, ha spiegato che i cercapersone sarebbero stati realizzati da una società di nome BAC Consulting. Quest’ultima si trova in Ungheria ed è attiva in settori molto diversi tra loro, ma tra questi non ci sarebbe quello dei cercapersone. Rispondendo all’emittente britannica Sky News, Cristiana Barsony-Arcidiacono, l’amministratrice delegata del gruppo, ha smentito che l’azienda sia responsabile della produzione dei dispositivi esplosi in Libano.
Oltre all’origine dei cercapersone, anche il modo in cui sono stati fatti esplodere è avvolto dal mistero. Secondo fonti di intelligence riportate da vari media internazionali, l’ipotesi più accreditata è che all’interno dei dispositivi fosse presente una piccola carica esplosiva. Si parla di non più di 20 o 30 grammi di esplosivi (anche se alcune fonti parlano di una quantità ancora inferiore) posti nelle vicinanze della batteria e pressoché impossibili da identificare. Prima della detonazione i membri di Hezbollah avrebbero ricevuto un messaggio e sarebbe stato proprio quest’ultimo ad attivare gli esplosivi. I cercapersone avrebbero suonato per alcuni secondi prima di esplodere.
Insomma, sembra probabile che qualche nemico di Hezbollah abbia inserito dell’esplosivo e un innesco attivabile a distanza nei cercapersone prima che questi fossero venduti in Libano. È stata invece scartata l’ipotesi che i dispositivi siano esposi a causa di un surriscaldamento indotto delle batterie al litio, perché giudicata troppo improbabile.
Per quanto riguarda l’identità del nemico di Hezbollah che ha fatto detonare i cercapersone, gli esperti ritengono probabile che si tratti di Israele, che ormai da mesi si sta scontrando con l’organizzazione paramilitare. Najib Mikati, il primo ministro libanese, ha definito quanto avvenuto una “aggressione israeliana” e una “violazione della sovranità libanese”. L’esercito del Libano, invece, non ha rilasciato commenti.
Dall'indagine che ha coinvolto la Generazione Z è emerso che soltanto il 20% si sente…
Sciopero nazionale della sanità: medici e infermieri protestano contro la manovra 2025 per chiedere dignità,…
Donald Trump prepara la sua nuova amministrazione con nomine sorprendenti e fedeli alleati, puntando su…
Scopri i dettagli del Bonus Natale 2024: requisiti, novità e modalità per ottenere i 100…
Il patron di X avrebbe messo in discussione alcuni dei candidati scelti da Boris Epshteyn,…
Il nuovo singolo del gruppo della provincia di Bergamo fa scoppiare la polemica sui social.…