Durante il suo mandato, ha lanciato una dura offensiva contro il traffico di droga, che ha portato a una serie di operazioni di polizia spesso segnate da violenze estreme
L’ex presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, è stato recentemente arrestato a Manila, in seguito a un mandato emesso dalla Corte penale internazionale (CPI). Le accuse a suo carico comprendono crimini contro l’umanità e violazioni dei diritti umani, principalmente legate alla sua controversa politica di “guerra alla droga”.
Rodrigo Duterte ha ricoperto la carica di presidente delle Filippine dal 2016 al 2022. Durante il suo mandato, ha lanciato una dura offensiva contro il traffico di droga, che ha portato a una serie di operazioni di polizia spesso segnate da violenze estreme. Secondo stime di organizzazioni per i diritti umani, queste operazioni avrebbero causato tra le 12.000 e le 30.000 morti, un numero ben superiore ai 6.000 riconosciuti ufficialmente dal governo filippino. Le vittime di queste operazioni includono non solo spacciatori e tossicodipendenti, ma anche innocenti, spesso colpiti in circostanze poco chiare.
La CPI ha avviato un’indagine sulle politiche di Duterte nel 2018, sostenendo che le sue azioni potrebbero costituire crimini contro l’umanità. Le accuse specifiche riguardano omicidi sistematici e uccisioni extragiudiziali, che avrebbero avuto luogo in un contesto di impunità per le forze di polizia e i gruppi di vigilantes. La CPI ha affermato che, nonostante il ritiro delle Filippine dal tribunale nel 2019, mantiene la giurisdizione sui crimini commessi prima di tale data.
La “guerra alla droga” di Duterte è stata caratterizzata da una retorica aggressiva e da un approccio che ha spesso ignorato le norme internazionali sui diritti umani. Duterte ha giustificato le sue azioni con la necessità di affrontare un problema di droga percepito come endemico nelle Filippine, sostenendo che le politiche più dure fossero necessarie per garantire la sicurezza pubblica. Tuttavia, esperti e attivisti hanno messo in dubbio l’efficacia di tali misure, sottolineando invece l’aumento della violenza e della paura tra la popolazione.
Molti attivisti per i diritti umani e osservatori internazionali hanno denunciato la campagna antidroga di Duterte come un attacco sistematico contro i più vulnerabili, con un impatto sproporzionato sulle comunità povere. La Commissione nazionale per i diritti umani delle Filippine ha documentato numerosi casi di violazioni, evidenziando l’assenza di giustizia per le vittime e le loro famiglie.
L’arresto di Duterte ha suscitato reazioni contrastanti. Mentre alcuni leader mondiali e organizzazioni per i diritti umani hanno accolto con favore il passo della CPI, ritenendolo un segnale importante per la giustizia internazionale, altri hanno espresso preoccupazione per le possibili ripercussioni politiche e sociali nel Paese. Il governo filippino ha inizialmente minimizzato l’importanza delle accuse, sostenendo che si trattasse di un’interferenza nei propri affari interni.
Duterte, noto per il suo linguaggio provocatorio, ha continuato a difendere le sue politiche e ha attaccato la CPI, definendo gli investigatori “figli di p…”, mentre affermava di essere pronto ad affrontare le conseguenze delle sue azioni. Questo atteggiamento ha alimentato un clima di polarizzazione politica nelle Filippine, dove Duterte continua a godere di un considerevole supporto popolare.
Il processo legale che coinvolge Duterte potrebbe avere conseguenze significative per il futuro politico del Paese. Se le prove raccolte dalla CPI si rivelassero sufficienti, l’ex presidente potrebbe affrontare accuse formali di crimini contro l’umanità, con potenziali ripercussioni anche per i funzionari governativi e le forze di polizia coinvolte nelle operazioni di polizia. Tuttavia, il sistema giuridico filippino presenta sfide significative, con una storia di impunità per le violazioni dei diritti umani.
In aggiunta, il caso di Duterte ha sollevato interrogativi sul ruolo delle istituzioni nazionali e internazionali nella protezione dei diritti umani. La capacità della CPI di esercitare la sua giurisdizione in questo contesto dipenderà dalla cooperazione del governo filippino e dalla volontà della comunità internazionale di sostenere un processo giuridico equo e imparziale.
Indipendentemente dall’esito delle indagini e del processo legale, l’eredità di Duterte sarà oggetto di dibattito per anni a venire. Le sue politiche hanno attirato sia sostenitori che oppositori, creando una frattura profonda nella società filippina. Mentre alcuni lodano il suo approccio deciso contro la criminalità, altri denunciano i costi umani e le violazioni dei diritti umani che ne sono derivati. L’arresto di Duterte segna un capitolo cruciale nella storia recente delle Filippine e offre l’opportunità di riflettere sulle sfide legate alla giustizia e ai diritti umani nel paese.
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