L’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel suo bollettino settimanale in cui analizza l’andamento della pandemia di Covid-19, ha invitato i governi di tutto il mondo a non sottovalutare la variante Omicron, confermando che il rischio è “molto alto”.
Per l’istituto in seno all’Onu, diretto dal dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, sono due i fattori che possono peggiorare la curva epidemica, facendone perdere il controllo: la diminuzione dell’immunità fra seconda e terza dose di vaccino e l’elevata trasmissibilità della variante scoperta in Sudafrica.
Omicron, i dati diffusi dall’Oms
“Il rischio globale legato alla nuova preoccupante variante rimane molto alto – ha annunciato l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nell’aggiornamento settimanale del bollettino -. Prove affidabili mostrano che Omicron si diffonde molto più velocemente rispetto alla variante Delta, con una capacità di raddoppiare in due o tre giorni. Anche per questo si osserva un rapido aumento dell’incidenza dei casi in un certo numero di Paesi”.
Contro quest’ultima affermazione, in realtà, ci sono i dati del Paese in cui Omicron è stata scoperta, il Sudafrica: nell’ultima settimana, infatti, il numero dei nuovi contagi riconducibili alla nuova variante è diminuito del 29%.
Una situazione opposta a quella evidenziabile in Regno Unito e Danimarca, Paesi con grante incidenza di casi con la nuova variante. Ma anche negli Usa, in Francia e in Italia, dove sono in continuo aumento. A livello globale, però, alla crescita complessiva dei contagi settimanali (+11%) corrisponde un numero di decessi in diminuzione (-4%).
“Valutazione ulteriore per approfondire pericolosità”
Servono però, secondo l’Oms, più dati, e una “ulteriore approfondita valutazione” degli stessi per comprendere la pericolosità della nuova variante. Ed eventualmente confermare che, rispetto alla variante Delta che ha flagellato buona barte del 2021, Omicron è meno mortale.
Per questo motivo l’attenzione è altissima proprio sul numero dei malati che necessitano di ricovero in terapia intensiva. Bisognerà valutare, poi, quanti avessero fatto il vaccino (quale e quante dosi) e quanti avessero già avuto la malattia, colpiti da un’altra variante. Già all’inizio del nuovo anno la speranza è che si possa avere dati uniformi. Che permettano, finalmente, di guardare con ottimismo al futuro.