Tra le varie curiosità sulle imminenti (nonché complicatissime, dal punto di vista organizzativo) Olimpiadi di Tokyo, ce n’è una in particolare che è rimasta inevasa: i partecipanti potranno prendere posizione su questioni politico-sociali durante lo svolgimento dei Giochi? La risposta esatta da dare sarebbe “nì”. Ecco i motivi.
Manifestazioni politiche: cosa prevede l’articolo 50 della Carta Olimpica
L’articolo 50 della Carta Olimpica, che riguarda “pubblicità, manifestazione e propaganda” vieta agli atleti “ogni tipo di dimostrazione o propaganda politica, religiosa o razziale” nei luoghi in cui si tiene la competizione, nonché nell’area olimpica in generale. Per tutta la durata dei Giochi. Dopo di che, dopo anni di proteste (e solamente negli ultimi giorni) sono state pubblicate le nuove linee guida che entreranno in vigore proprio in questa edizione. Gli atleti potranno esprimere messaggi politici o esporsi su alcune tematiche più sensibili, ma solo in alcune sedi. Sarà consentito farlo durante le interviste, sui social network e nelle cosiddette “zone miste”, le aree in cui gli atleti fanno dichiarazioni dopo le gare. Mai, però, sarà concesso nelle zone dove si svolge la competizione né durante le cerimonie di premiazione.
Olimpiadi, la netta presa di posizione del presidente Bach
Il lavoro di mediazione svolto dalla Commissione atleti (l’organo che coordina i comitati atleti dei singoli stati) ha quindi solo parzialmente modificato lo spirito originario del divieto assoluto di ogni genere di manifestazione durante le Olimpiadi. L’obiettivo resta quello di conservare il principio della neutralità dello sport che aveva portato all’adozione dell’articolo 50. “Il podio e le premiazioni non sono fatti per tenere manifestazioni politiche o di altro tipo. Sono fatti per onorare gli atleti e i vincitori di medaglie per risultati sportivi e non per le loro opinioni”, ha detto Thomas Bach, presidente del Comitato olimpico internazionale, invitando gli atleti a evitare dichiarazioni “divisive”. Insomma: scordiamoci i pugni alzati sul podio alla Tommie Smith e John Carlos nel 1968 (saluto del “Black Power”).
Il dubbio: ci si potrà inginocchiare in sostegno al Black Lives Matter?
Nell’ultimo anno, le richieste di intervenire sull’articolo 50 si sono intensificate a seguito delle proteste e della mobilitazione iniziate dopo l’omicidio di George Floyd. L’uomo afroamericano venne ucciso nel maggio 2020 a Minneapolis da un agente di polizia. Da allora i movimenti a tutela dei diritti delle minoranze e attenti alle questioni di genere hanno raccolto sempre più consensi anche all’interno della comunità sportiva.
Ci sono comunque alcuni aspetti ancora poco chiari sulle nuove regole approvate dal Cio in merito alla libertà di espressione per gli atleti. Per esempio, non si sa ancora se sarà consentito inginocchiarsi in sostegno al movimento Black Lives Matter. L’ultimo comma del regolamento ammette infatti la possibilità per gli atleti di “esprimere opinioni prima dell’inizio della gara”. Inoltre non è chiaro cosa succederà agli atleti che violeranno le regole. Il Comitato olimpico internazionale ha detto che le sanzioni saranno valutate caso per caso. Tuttavia funzionari del Comitato citati dal Financial Times hanno sostenuto che sarà impossibile nei fatti applicare le limitazioni alle eventuali proteste.