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Obama, il ritorno dell’ex presidente Usa: ora lotta contro fake news e big tech

Tradizione vuole che gli ex presidenti degli Stati Uniti, al termine del proprio mandato, dedichino il proprio tempo ad affrontare problemi irrisolti. Jimmy Carter, ad esempio, si dedicò all’housing sociale, mentre Bill Clinton alla lontra contro l’Aids. E ora è sceso in campo anche Barack Obama.

Il 44esimo inquilino della Casa Bianca ha infatti iniziato la sua personale crociata contro la disinformazione online, in particolar modo sui social network. Per capire l’origine di questa battaglia bisogna fare un passo indietro di undici anni e un giorno. Ovvero al 21 aprile 2011, quando Obama è ospite di Mark Zuckerberg nel quartier generale di Facebook, nella Silicon Valley, e insieme a lui concorda sul fatto che la tecnologia possa contribuire a vincere le sfide future del Paese. A distanza di oltre un decennio, invece, le sfide sono rimaste e i social hanno fallito la loro “mission”.

Obama alla Stanford University attacca Putin e Bannon sulle fake news

Proprio oggi, 22 aprile 2022, Obama è tornato in California per parlare di nuovo parlato di tecnologia. Questa volta, però, con parole decisamente meno lusinghiere. Nel corso di un intervento alla Stanford University, l’ex presidente americano si è infatti scagliato contro la disinformazione che viaggia sui social media, diventati – a suo dire – collettori “dei peggiori impulsi dell’umanità”.

Foto Pixabay | DimitroSevastopol

Fake news per le quali, ha detto Obama, “la gente muore”. Così il predecessore di Donald Trump ha lanciato il suo duro atto d’accusa ai colossi dell’industria tech, che con le loro decisioni stanno rendendo “più vulnerabili le democrazie” e per questo chiede che vengano ridisegnate le regole delle piattaforme per combattere la dilagante piaga della disinformazione.

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Obama, in particolare, si è focalizzato su alcuni esempi concreti: dalle teorie complottistiche sulle elezioni presidenziali 2020 alle fake news su Covid e vaccini; fino alla propaganda russa a sostegno dell’invasione in Ucraina. E, per alcuni casi, ne ha perfino individuato gli artefici: “Gente come Vladimir Putin e Steven Bannon (ex stratega di Trump, ndr) capisce che non è necessario che la gente creda a queste informazioni per indebolire le istituzioni democratiche”.

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“Devi solo inondare lo spazio pubblico con questa spazzatura, devi far circolare abbastanza dubbi e tesi di complotto per spingere la gente a non sapere a cosa credere – ha spiegato –. Una volta persa la fiducia nei leader, nei media mainstream, nelle istituzioni politiche, nella possibilità di avere la verità, allora il gioco è vinto”. Obama si è poi rammaricato per non aver compreso nel corso dei suoi due mandati allo Studio Ovale (2009-2017) il reale rischio della disinformazione.

Foto Pixabay | AzamKamolov

Infine, il J’accuse contro il sistema degli algoritmi che regola il funzionamento delle piattaforme social. “Gli algoritmi si sono evoluti a tal punto che nessuno fuori da queste società può prevedere quello che faranno e qualche volta anche le persone che li hanno creati non lo sanno. E questo è un problema. Ma per Obama non si tratta di “un inevitabile risultato delle nuove tecnologie”; bensì del “risultato di scelte ben specifiche, fatte da società che hanno finito per dominare Internet in generale e le piattaforme dei social in particolare”.

Da qui il monito finale: “Alla fine Internet è uno strumento, come lo sono i social media. Gli strumenti non devono controllarci, dobbiamo essere noi a farlo”, ha detto invocando una revisione degli algoritmi. “Se non facciamo nulla, sono convinto che il trend potrà solo peggiorare. Se non fissiamo degli standard, le implicazioni di questa tecnologia per i nostri sistemi elettorali, legali, per la nostra democrazia e l’intero ordine sociale sono spaventose e profonde.

Alessandro Boldrini

Classe 1998, laureato in Scienze Umanistiche per la Comunicazione alla Statale di Milano, sono giornalista pubblicista dal 2019. Mi occupo di cronaca nera, giudiziaria e inchieste sulla criminalità organizzata. Ho mosso i primi passi nella cronaca locale, fino a collaborare con il quotidiano statunitense The Wall Street Journal. Sono un attivista antimafia e partecipo come relatore ad assemblee pubbliche sul tema al fianco di magistrati ed esperti del settore. Amo il calcio, la musica, il cinema e la fotografia.

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