Invitata al Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione europea, a Bruxelles, Yulia Navalnaya, vedova dell’oppositore russo Alexei Navalny, ha parlato del Novichok, un gas nervino letale sviluppato in epoca sovietica che potrebbe essere stato usato per uccidere il marito, morto a seguito di un presunto malore nella colonia penale IK-3, estremo nord della Russia. “Queste idee non sono scomparse – ha detto la donna riferendosi all’attività del marito, principale oppositore di Vladimir Putin -. Perché un’idea non può essere torturata in prigione. Un’idea non può essere avvelenata con il Novichok”.
Ipotesi sull’utilizzo della sostanza erano già comparse nel 2020 quando Navalny è stato vittima di un altro presunto tentativo di avvelenamento avvenuto mentre era in viaggio in Siberia. Ricoverato in Germania, a Berlino, durante le analisi mediche erano emerse anomalie nell’organismo compatibili con il Novichok. Quest’ultimo sarebbe stato usato anche in Gran Bretagna nel 2018 contro l’ex spia russa Serghei Skripal e sua figlia.
Intanto alla madre dell’oppositore russo, Ljudmila Navalnaya, è stato detto che la salma del figlio non le sarà consegnata prima di altri 14 giorni a causa di non specificati esami che devono essere condotti sul corpo, dato che la morte è avvenuta in circostanze poco chiare. Lo riferisce l’attivista e portavoce di Navalny, Kyra Yarmush. All’anziana madre, arrivata nella regione dove è morto il figlio, nei pressi del circolo polare artico, 24 ore dopo il decesso, è stato negato l’accesso all’obitorio dove secondo i funzionari della prigione era stato portato Navalny. Il fatto che la salma sia inaccessibile acuisce i sospetti di avvelenamento, i cui sintomi potrebbero alleviarsi o sparire prima che il corpo venga restituito.
L’avvelenamento da Novichok “ha sintomi molto caratteristici: una forte produzione di saliva, le cosiddette pupille a forma di spillo, fascicolazioni muscolari con forti contrazioni fino alle convulsioni, difficoltà respiratorie, collasso”, spiega all’Ansa Sabina Strano-Rossi, professoressa associata in Medicina legale alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica di Roma e presidente del Gruppo Tossicologi Forensi Italiani. Tuttavia, con la salma tenuta nascosta, al momento è impossibile dire cosa abbia ucciso Navalny.
La vedova ha pubblicato un video su Twitter e su Instagram in cui si rivolge al popolo russo e punta il dito senza esitazioni contro Putin. “Buongiorno, sono Yulia Navalnaya. Oggi, per la prima volta su questo canale, voglio parlarvi. Un’altra persona dovrebbe essere qui al mio posto. Ma questa persona è stata uccisa da Vladimir Putin. Tre giorni fa Vladimir Putin ha ucciso mio marito Alexei Navalny. Putin ha ucciso il padre dei miei figli. Putin mi ha portato via la cosa più preziosa che avevo, la persona più vicina e amata. Ma Putin vi ha portato via anche Navalny. Da qualche parte, in una colonia penale nell’estremo nord, oltre il circolo polare artico, dove l’inverno non finisce mai, Putin ha ucciso non solo una persona, Alexei Navalny. Voleva uccidere insieme a lui le nostre speranze, le nostre libertà, il nostro futuro”.
“Sappiamo esattamente perché tre giorni fa Putin ha fatto uccidere Alexei. Lo condivideremo con voi presto. Ma la cosa più importante che possiamo fare per Alexei e per noi stessi è continuare a lottare. Io terrò viva la battaglia di Alexei, continuerò a battermi per il nostro Paese e vi esorto a stare al mio fianco. Per condividere non solo l’immenso dolore che ci ha travolti e che non se ne va, ma anche la rabbia. La furia, la rabbia, l’odio per chi ha osato uccidere il nostro futuro”.
“Mi rivolgo a voi con parole di Alexei in cui credo: non è imbarazzante fare poco, è imbarazzante non fare nulla. È imbarazzante lasciare che vi spaventino. La Russia – libera, pacifica, felice – la bella Russia del futuro che mio marito sognava tanto: questo è ciò di cui abbiamo bisogno. Voglio vivere in questa Russia. Voglio che i nostri figli ci vivano. Voglio costruirla insieme a voi, esattamente come l’ha immaginata Alexei Navalny: piena di dignità, giustizia e amore. Solo così e in nessun altro modo il suo sacrificio inimmaginabile non sarà stato vano. Combattete e non arrendetevi! Io non ho paura e voi non dovete avere paura di nulla. Tutto quello che basta al male per trionfare sono persone perbene che non fanno nulla”.
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