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Il premio Nobel per la Pace 2021 è stato insignito a Maria Ressa e Dmitry Muratov. L’Accademia ha voluto celebrare con il premio i loro sforzi per salvaguardare la libertà di espressione, cruciale per preservare pace e democrazia. L’assegnazione del Nobel ha messo dunque in luce l’importanza della libertà di stampa. Una condizione che in molti Paesi del mondo viene ancora troppo spesso calpestata. Secondo l’ultimo report della ong Reporter Senza Frontiere il 73% dei 180 Paesi valutati è caratterizzato da situazioni ritenute ‘gravissime’ o ‘problematiche’ per la professione.
La libertà di stampa è ostacolata in oltre 130 Paesi e costretta a fare i conti con le restrizioni dettate dalla pandemia e caratterizzato da una ulteriore limitazione della libertà di informazione. La drammatica situazione fotografata dal report World Press Freedom Index 2021 riguarda anche il nostro Paese.
In un contesto che vede restringersi sempre più la libertà di stampa, l’Italia si conferma al 41° posto già registrato lo scorso anno. “Questa posizione” ha sottolineato il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, “è il risultato della situazione in cui si trovano numerosi colleghi minacciati, alcuni dei quali sotto scorta. Ad aggravare la situazione anche lo stallo in cui versano le proposte di legge di tutela del diritto di cronaca e della professione”. Lorusso ha ribadito inoltre l’assenza di politiche di sostegno del lavoro regolare e di contrasto al precariato dilagante.
Tra le nazioni con maggiore libertà del mondo si confermano in cima alla classifica i Paesi del Nord Europa. La Norvegia mantiene il quinto posto per il quinto anno consecutivo, seguita Finlandia, Svezia e Danimarca. L’Europa rimane il continente più sicuro, nonostante Paesi come Francia e Germania abbiano perso diverse posizioni.
‘Piuttosto buona’ la situazione dall’altra parte dell’Atlantico, con Giamaica e Costa Rica che si confermano nella top ten dell’Index. Male per gli Stati Uniti, al 44esimo posto. Ciò è dovuto, come sottolinea il report “al numero record di aggressioni record e arresti di giornalisti, avvenuti durante l’ultimo mandato di Donald Trump”. In zona rossa, al 111esimo posto, si trova anche il Brasile, Paese dove “il presidente Bolsonaro ha fatto del dileggio ai giornalisti il suo tratto distintivo”. Al 150esimo posto la Russia, che si è adoperata per limitare la copertura delle manifestazioni dei sostenitori di Alexei Navalny. Ancora più giù Paesi come l’Arabia Saudita (170) o la Siria (173). Qualche piccolo miglioramento, infine, per l’Africa, che resta comunque il continente meno ospitale per i giornalisti, con 6 Paesi negli ultimi 20 posti del ranking.
La condizione precaria dei giornalisti e i rischi a cui vanno incontro, sono stati al centro anche del report di Rsf che indaga sul numero di giornalisti uccisi nel mondo. Ben 50 persone sono morte nel 2020, una cifra simile a quella dell’anno precedente, dove le morti erano state 53.
Una situazione che sottolinea ulteriormente quanto la libertà di stampa possa essere vista come un problema da debellare, quando dovrebbe essere invece un’arma di difesa contro le ingiustizie e i soprusi.
Quello che emerge dal rapporto è che nessuno Stato sta cercando davvero di dire addio…
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