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Nel discorso programmatico tenuto al Senato, il presidente del Consiglio Mario Draghi non ha dimenticato di parlare delle difficoltà nell’affrontare la questione umanitaria legata alle migrazioni, un problema comune all’intera Unione Europea: “Altra sfida sarà il negoziato sul nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo – le parole di Draghi a Palazzo Madama -. Perseguiremo un deciso rafforzamento dell’equilibrio tra responsabilità dei Paesi di primo ingresso e solidarietà effettiva ai migranti. Cruciale sarà anche la costruzione di una politica europea dei rimpatri dei non aventi diritto alla protezione internazionale, accanto al pieno rispetto dei diritti dei rifugiati“.
E proprio sui diritti dei migranti si sofferma Giulia Cicoli, direttrice programmi dell’organizzazione non profit Still I Rise (attiva a Samos, isola a metà strada fra Grecia – di cui fa parte – e Turchia), secondo cui il lavoro da fare, a livello comunitario, è enorme.
Migranti, Still I Rise: “Ruolo Frontex va chiarito”
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“La pandemia ha portato a respingimenti costanti dei migranti – afferma Cicoli, parlando della situazione a Samos -. Già prima c’erano report di persone che sostenevano di essere state intercettate in acque greche da persone vestite di nero che le hanno picchiate e rispedite in Turchia. Quest’anno è diventata la norma e ci sono centinaia di prove. A inizio novembre a Samos abbiamo avuto una barca, con due donne incinte di 8 mesi, 15 minori e una donna disabile, che si è schiantata contro le rocce: un bimbo di 6 anni è morto. La Guardia costiera era stata avvisata. Non è arrivato nessuno”.
“Questo è sistematico ed è una scelta del governo greco, ma è anche una volontà europea – accusa l’attivista -. Va chiarito il coinvolgimento di Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, ndr). Proprio qui, nella terra della democrazia e dei diritti umani, respingiamo costantemente persone che scappano da situazioni impossibili. Qui a Samos la maggior parte delle persone viene da Afghanistan e Siria. Non sono Paesi sicuri”.
“La pandemia ha deteriorato la situazione”
“Samos è uno dei cinque hotspot delle isole greche vicine alla Turchia – afferma ancora la rappresentante della Ong internazionale Still I Rise -. Le persone che arrivano sono fondamentalmente intrappolate in queste isole molto piccole, in hotspot sovraffollati. Quello di Samos è stato creato per 648 ospiti ma ci sono stati picchi di 8mila persone. Fuori dell’hotspot c’è la giungla, la foresta dove le persone si trovano un posto. Queste situazioni sono sistematiche e non sono mai migliorate”.
“Se non fosse per alcune Ong saremmo in condizioni peggiori – dichiara, avviandosi alla conclusione –: l’acqua ad esempio è stata portata da una Ong. La pandemia ha deteriorato la situazione migranti. Noi avevamo chiesto l’evacuazione. Le persone non potevano andare dal medico perché la zona di isolamento era proprio davanti all’ufficio del medico. Il campo è stato messo in lockdown, ma contemporaneamente la Grecia d’estate apriva ai turisti. Quindi c’è stata una scelta politica tra come hanno trattato i campi profughi e come i turisti”.