Nella notte tra l’1 e il 2 ottobre 2024, l’Iran ha lanciato circa 180 missili balistici contro Israele in risposta agli attacchi israeliani nel Libano meridionale e all’uccisione di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, e del leader di Hamas, Ismail Haniyeh. L’operazione militare iraniana, denominata Operation True Promise II, è stata eseguita dal Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (conosciuti anche come Pasdaran).
Questa azione segue un precedente attacco simile, Operation True Promise I, avvenuto il 13-14 aprile 2024, dimostrando la crescente tensione tra Israele e Iran.
Nonostante l’intenso lancio di missili, che contenevano tra le 400 e 500 testate, i sistemi di difesa antimissilistica israeliani, come l’Iron Dome e l’Arrow 3, hanno ridotto significativamente il numero di vittime, grazie alle intercettazioni efficaci. Tuttavia, la censura israeliana impedisce di valutare con precisione i danni materiali subiti. L’attacco si configura come un altro capitolo nella lunga e complessa relazione conflittuale tra Israele e Iran.
Il lancio dei missili è iniziato intorno alle 18:30 ora italiana, con i missili che sono stati lanciati dalle basi situate nelle aree intorno a Teheran, Karaj, Tabriz e Kashan. Tra i missili lanciati vi era il Fattah-1, che alcuni analisti definiscono ipersonico, segnando il suo debutto sul campo di battaglia.
Gli iraniani hanno motivato l’azione come una risposta diretta alle operazioni militari israeliane, che negli ultimi mesi hanno portato all’uccisione di figure chiave come il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, e il Segretario Generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Inoltre, la morte del brigadier generale Abbas Nilforoushan, vice comandante delle operazioni dei Pasdaran, ha contribuito ad alimentare il desiderio iraniano di ritorsione.
Gli obiettivi dichiarati dell’attacco iraniano erano le basi della IAF (Forza Aerospaziale Israeliana), e anche se le difese israeliane, supportate dagli alleati americani, hanno intercettato molti missili, rimangono incertezze sull’entità dei danni subiti dalle infrastrutture israeliane. Le vittime confermate al momento includono un lavoratore palestinese ucciso dai resti di un missile e due cittadini israeliani rimasti feriti in modo lieve.
Questo attacco non è il primo del 2024: già nella notte tra il 13 e il 14 aprile, l’Iran aveva lanciato un’offensiva simile con l’operazione Operation True Promise I, in cui erano stati utilizzati circa 120 missili balistici, 30 missili da crociera e 170 droni kamikaze. In quell’occasione, gli ordigni iraniani erano stati equipaggiati con testate singole. L’attacco recente, invece, ha visto l’uso di missili balistici con testate multiple, progettati per mettere alla prova le difese antimissilistiche israeliane, con l’obiettivo di saturare le loro capacità difensive.
Dopo l’attacco, le autorità iraniane hanno affermato che non sono previsti ulteriori lanci e che i risultati ottenuti “hanno soddisfatto le aspettative”. Tuttavia, la reazione israeliana non si è fatta attendere: le autorità di Gerusalemme hanno dichiarato che l’azione iraniana non rimarrà impunita e che una risposta è in fase di organizzazione. Molti esperti e analisti ritengono che la ritorsione israeliana potrebbe consistere in un massiccio attacco contro le infrastrutture nucleari o petrolifere iraniane, ma al momento è difficile prevedere con certezza quale sarà l’esito finale di questa escalation.
L’escalation delle tensioni tra Iran e Israele continua a destabilizzare la regione, con il rischio di un conflitto ancora più ampio che potrebbe coinvolgere altre potenze internazionali. I due paesi sono impegnati da tempo in una guerra indiretta, con operazioni militari, attacchi e rappresaglie che minacciano di trasformarsi in un conflitto su vasta scala. Le prossime settimane saranno decisive per capire se vi sarà un’ulteriore escalation o se saranno intrapresi tentativi diplomatici per allentare la tensione.
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