Milizie armate si sono scontrate ieri a Beirut, trasformando i quartieri della città in una micidiale zona di guerra. Una feroce disputa politica su un’indagine sull’esplosione del porto di Beirut dell’agosto 2020 ha provocato la peggiore violenza a cui il Libano abbia assistito in più di 10 anni. Ieri, la protesta è degenerata in letali battaglie di strada. Almeno sei persone sono state uccise e più di trenta sono rimaste ferite, secondo quanto ha riferito la Croce Rossa libanese.
Centinaia di sostenitori di Hezbollah stavano marciando verso il Palazzo di Giustizia della capitale libanese quando cecchini sui tetti hanno iniziato a sparare.
I manifestanti chiedevano la rimozione del giudice che sta conducendo un’indagine sull’esplosione nel porto di Beirut lo scorso agosto, che ha ucciso più di 200 persone. Le tensioni crescenti sono sfociate in una rappresaglia armata. Il ministro dell’Interno Bassam Mawlawi ha detto ai giornalisti che cecchini e uomini armati “hanno sparato alla testa“, mentre quattro razzi B7 sono stati lanciati in aria.
L’epicentro degli scontri, il quartiere di Tayouneh, è vicino al luogo di nascita della guerra civile libanese del 1975-1990, e ha sollevato lo spettro di ulteriori tumulti nel Paese in crisi.
La violenza di giovedì è stata accolta con una condanna totale. Gli attivisti libanesi in un tweet hanno parlato di una sensazione di “deja vu” riferita alla guerra civile del paese. Anche il presidente Michel Aoun e il neo-premier Najib Mikati hanno affermato che i combattimenti ricordano quel conflitto. Il sottosegretario di Stato americano Victoria Nuland, che ha visitato Beirut giovedì, ha definito le scene “inaccettabili“. Anche l’Unione Europea ha condannato gli scontri.
Giovedì è iniziato con le proteste contro Tarek Bitar, il giudice che sta conducendo le indagini sull’esplosione di Beirut dello scorso agosto. Bitar ha chiesto il rinvio a giudizio di funzionari di alto livello, emettendo diversi mandati di arresto contro l’ex ministro delle finanze e l’ex ministro dell’Interno.
Dalla sua nomina a febbraio, Bitar, che dirige anche il tribunale penale di Beirut, ha cercato di contattare alti funzionari politici e della sicurezza. L’obiettivo è quello di interrogarli nell’indagine sull’esplosione di Beirut. È il secondo investigatore giudiziario a dirigere le indagini. Il primo giudice incaricato di gestire l’indagine era stato licenziato. Questo dopo che due ex ministri incaricati dell’inchiesta hanno presentato con successo una mozione per la sua rimozione
L’indagine di Bitar su politici di alto profilo, tra cui ex ministri, capo del principale apparato di intelligence del paese ed ex primo ministro Hassan Diab, ha posto la più grande sfida legale all’élite al potere libanese da decenni.
Molti membri dell’élite al potere, compresi i politici, godono dell’immunità nelle indagini in virtù della costituzione libanese. Tuttavia ci sono state crescenti richieste di revoca di tale immunità ai fini di questa indagine. Attualmente sono in corso diverse battaglie legali per mantenere tale immunità ed evitare la prospettiva di un processo.
Nel frattempo, Bitar è emerso come uno dei funzionari pubblici più popolari del Paese. Acclamato per aver difeso lo stato di diritto in un sistema che ha ripetutamente protetto politici e uomini d’affari potenti dalla responsabilità. Diverse petizioni legali da parte di funzionari perseguiti per licenziare Bitar non hanno avuto successo.
Da due anni, il Libano è alle prese con una depressione economica che ha portato a un’inflazione alle stelle e alti tassi di povertà e disoccupazione Dall’autunno del 2019, la sua valuta è crollata di oltre il 90% in valore. L’effetto sui prezzi si è tradotto in un’impennata dell’inflazione, con una media dell’84,3% nel 2020. Riducendo in povertà coloro che un tempo erano comodamente della classe media.
“Sembra davvero che il Paese si stia sciogliendo“, ha riferito un giornalista del New York Times. “Le persone hanno visto scomparire un intero modo di vivere“.
La grave carenza di carburante negli ultimi mesi ha lasciato tutti, tranne i libanesi più ricchi, alle prese con prolungati black out elettrici e lunghe code alle stazioni di servizio. I settori bancario, medico e dell’istruzione un tempo decantati del paese hanno subito gravi perdite. Con migliaia di professionisti in fuga per cercare mezzi di sussistenza all’estero.
Ad aggravare la situazione anche la pandemia che ha distrutto una delle poche voci di entrate ovvero il turismo che rappresentava il 18% del Pil. L’esplosione al porto di Beirut nell’agosto del 2020 ha distrutto diversi quartieri ma ancora mancano i soldi per ricostruire le case.
La situazione finanziaria libanese è allo stremo, tanto che anche gli economisti del Fondo Monetario Internazionale non riescono a prevedere con certezza il futuro del Paese.
Basti pensare che nell’ultimo World Economic Outlook alla voce Libano c’è scritto “le proiezioni per il 2021-2026 non sono disponibili a causa dell’alto livello di incertezza“.
Di fatto, il Pil libanese è crollato da quasi 55 miliardi di dollari nel 2018 a circa 33 miliardi di dollari nel 2020, mentre il prodotto pro capite è sceso di circa il 40%. Una contrazione così forte, normalmente, è associata a conflitti o guerre.
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