Le aree ‘Covid-free’ nel Pacifico: ma la vita è davvero come prima?

Sembra quasi impossibile, adesso, immaginare una vita senza mascherine, senza distanziamento sociale, in cui tutto proceda secondo una quotidiana normalità cui vorremmo tutti quanti riabituarci. Eppure ci sono luoghi, nel mondo, in cui l’impatto della pandemia di coronavirus è stato ridottissimo se non addirittura nullo. Conoscere le storie di questi posti è interessante, anche se è importante chiarire sin dall’inizio che non tutto è rimasto esattamente come prima, nemmeno dove il coronavirus è rimasto soltanto una parola. Anzi.

Nessun rischio sul fronte salute, ma le economie degli Stati ‘Covid-free’ del Pacifico sono a pezzi

Naturalmente le aree ‘Covid-free’ sono luoghi già isolati, con pochi contatti con le aree continentali. Non è un caso, in tal senso, che l’Oceano Pacifico ospiti il più ampio numero di stati a zero contagi. Un esempio per tutti è rappresentato dall’arcipelago delle Cook. Nell’isola con più abitanti, quella di Rarotonga (circa 5mila chilometri di distanza dalla costa orientale dell’Australia), le autorità hanno chiuso le scuole e disposto il distanziamento sociale nei luoghi pubblici nella primissima fase della pandemia. D’altra parte, uno Stato con 17.500 abitanti e una ventina di medici, con due soli ventilatori a disposizione nell’ospedale della capitale Avarua, sarebbe stato incosciente correre rischi.

L’unica limitazione: non si entra né si esce dalle Isole Cook. Una decisione difficile quella del primo ministro Mark Brown: da una parte permette alla popolazione locale di vivere senza mascherine e distanziamento sociale, dall’altra ha azzerato la fonte principale di reddito dell’arcipelago, il turismo. Il premier delle Cook, al Guardian, ha sottolineato come nel momento di crisi la solidarietà nazionale sia emersa in maniera brillante: “I cittadini si prendono cura l’uno dell’altro – ha detto –. Si preoccupano per i loro vicini e non solo, condividono il cibo. La nostra gente sta riemergendo così dalla crisi”. Una crisi dalla quale, però, è difficile intravedere una via d’uscita, né una soluzione che possa salvaguardare la salute dei cittadini.

Chi ha riaperto i confini è in difficoltà con i contagi

Sulla bilancia, è evidente, ci sono da una parte l’economia e dall’altra la salute. Con il turismo fermo, Paesi come le Fiji hanno visto crollare il già basso Prodotto interno lordo. In Papua Nuova Guinea si è addirittura tornati, in alcuni casi, ad utilizzare il baratto come forma di pagamento, per il forte indebolimento della moneta locale. La dispersione scolastica è inoltre salita a dismisura (tocca una famiglia papuana su due, secondo la Banca Mondiale). Nelle Isole Salomone il 57% delle famiglie ha dichiarato di aver problemi a mettere il cibo in tavola a causa dei mancati guadagni.

L’isolamento forzato, però, ha aiutato ad evitare il diffondersi della malattia, e non è poco. Se si guarda infatti a Stati del Pacifico come la Polinesia Francese, ad esempio, il confronto è impietoso. A luglio 2020, con 62 casi confermati, la collettività d’oltremare alle dipendenze di Parigi aveva deciso di rimuovere le restrizioni: ora i casi di contagio sono 15mila, i morti 91.

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