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“Questo potrebbe essere il nostro ultimo appello. Siamo, forse, di fronte ai nostri ultimi giorni, se non ore. Il nemico ci supera in numero di 10 a 1. Hanno un vantaggio in aria, nell’artiglieria, nelle loro forze a terra, nell’equipaggiamento e nei carri armati. Noi stiamo difendendo l’impianto Azovstal, dove oltre al personale militare, ci sono anche i civili, che sono caduti vittime di questa guerra”. Queste sono le parole del comandante dei marines ucraini, rifugiato nell’acciaieria Azovstal a Mariupol. “Facciamo appello e supplichiamo tutti i leader mondiali di aiutarci. Chiediamo loro di utilizzare la procedura di ‘estrazione’ e di portarci sul territorio di un altro Stato”, ha concluso Serhiy Volyna della 36a Brigata.
Proprio in queste ore della guerra in Ucraina sarebbe in corso l’accordo per un corridoio umanitario per fare uscire i civili da Mariupol. Tuttavia, con l’imminente scadenza dell’ultimatum da parte di Putin, la situazione è drammatica. Il maggiore che comprensibilmente non ha riferito il numero di soldati che si trovano all’interno dello stabilimento, tra uomini della brigata Azov, della guardia nazionale ucraina e della guardia di frontiera. Nonostante lo spirito combattivo resti alto, la situazione dei feriti è gravissima. “Stanno marcendo in un seminterrato”, senza medicine e sono assistiti nei tunnel sotterranei con cure mediche minime.
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