Scatta il deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione Europea per l’Italia. Lo ha stabilito la Commissione europea, che ha sanzionato il nostro Paese per il mancato rispetto di alcuni obblighi in materia di scambio di informazioni stabiliti dalle norme in materia di cooperazione transfrontaliera nella lotta al terrorismo e alla criminalità.
Le norme che l’Italia non avrebbe rispettato, secondo la Commissione europea, “sono uno strumento fondamentale nella lotta al terrorismo e alla criminalità“. La loro importanza deriva dal fatto che “consentono di scambiarsi rapidamente informazioni su DNA, impronte digitali e dati nazionali di immatricolazione dei veicoli, permettendo alle autorità di identificare i sospetti e di stabilire collegamenti tra i casi penali in tutta l’Unione“.
L’infrazione dell’Italia è di vecchia data, in considerazione del fatto che gli Stati membri dovevano attuare pienamente le norme entro agosto 2011. Il pacchetto legislativo in questione è il frutto della cosiddetta decisione di Prüm. Quest’ultima, risalente al 2005, inizialmente non vide la firma del nostro Paese. L’Italia, tuttavia, la recepì nell’estate del 2009. La procedura d’infrazione, a sua volta, era in corso da anni: il parere motivato sulla decisione comunitaria risale al 2017.
Era stata la stessa Commissione europea a informare l’Italia della costituzione in mora. A quel punto aveva inviato al nostro Paese l’esortazione a rispettare pienamente i propri obblighi giuridici. Cosa che però ancora non è avvenuta, con tutte le conseguenze del caso.
Dopo ripetute indagini sui progressi compiuti dall’Italia nell’adempimento dei suoi obblighi, infatti, la Commissione europea ha verificato che il rispetto delle normative ancora non è arrivato. “Si constata – afferma il documento comunitario – che a tutt’oggi l’Italia ancora non consente agli altri Stati membri di accedere ai propri dati relativi al DNA, alle impronte digitali e all’immatricolazione dei veicoli“.
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