Possibile una nuova escalation del conflitto in Medio Oriente, con Teheran che ha dichiarato di possedere “capacità tecniche necessarie per produrre armi nucleari”
L’Iran ha dichiarato di possedere le “capacità tecniche necessarie per produrre armi nucleari”, ribadendo tuttavia l’intenzione di rispettare la fatwa della Guida Suprema, Ali Khamenei, che al momento proibisce tale produzione. Israele continua a mantenere una posizione ferma contro qualsiasi sviluppo nucleare in Iran, e il primo ministro Benjamin Netanyahu ha recentemente riaffermato la prontezza di Israele ad agire per prevenire che l’Iran si doti di armamenti nucleari. Parallelamente, sono aumentati gli attacchi aerei su Beirut e altre località del Libano, alimentando le tensioni e il timore di un conflitto più ampio.
Kamal Kharrazi, consigliere della Guida Suprema iraniana, ha chiarito in un’intervista trasmessa dall’emittente Al Mayadeen che l’Iran dispone delle capacità per produrre armi nucleari. Tuttavia, tale possibilità è attualmente bloccata dalla fatwa emessa da Ali Khamenei, che considera proibito il ricorso agli armamenti nucleari. La posizione espressa da Kharrazi, però, lascia aperta una porta: qualora si presentasse una «minaccia esistenziale» per la Repubblica islamica, potrebbe essere rivista la dottrina nucleare del Paese.
Kharrazi ha anche sottolineato la capacità di deterrenza dell’Iran, evidenziata attraverso l’operazione Vera Promessa II, durante la quale centinaia di missili balistici sono stati lanciati contro Israele. L’intenzione di Teheran, ha precisato, è quella di evitare un conflitto diretto, pur mantenendo la capacità di rispondere a qualsiasi provocazione esterna.
Dall’altro lato, Israele ha alzato i livelli di allerta e di preparazione per rispondere a qualsiasi attacco da parte dell’Iran. Una fonte militare israeliana ha dichiarato alla CNN che i recenti raid israeliani sul territorio iraniano hanno ridotto la capacità di Teheran di attaccare e difendersi da una controrisposta israeliana, creando un «dilemma» per il governo iraniano.
Il raid israeliano della scorsa settimana ha colpito infrastrutture strategiche in Iran, inclusi sistemi di difesa aerea e strutture energetiche fondamentali per il Paese. Secondo i vertici iraniani, le perdite subite e la morte di quattro soldati sono troppo gravi per passare inosservate, e non rispondere all’attacco potrebbe essere interpretato come un segno di debolezza. La leadership iraniana avrebbe così incaricato il Consiglio per la sicurezza nazionale di valutare una possibile reazione contro Israele.
In questo clima, Benjamin Netanyahu, durante un discorso ufficiale, ha ribadito l’intenzione di Israele di impedire a tutti i costi che l’Iran sviluppi armi nucleari, affermando che “Israele ha più libertà di azione in Iran di quanta ne abbia mai avuta”. Ha poi espresso apprezzamento per il sostegno degli Stati Uniti, pur mantenendo il diritto di prendere decisioni autonome quando necessario.
Intanto, Israele ha intensificato i raid aerei in Libano, colpendo Beirut e altre aree limitrofe. Nelle ultime ore, almeno dieci attacchi sono stati condotti contro sobborghi meridionali della capitale libanese, provocando una distruzione diffusa e incendi in varie zone. Gli obiettivi degli attacchi includevano aree strategiche come Ghobeiry, Al-Kafaat, e la vecchia strada dell’aeroporto, oltre ad alcuni complessi ritenuti rilevanti per attività militari.
Nel contesto del conflitto regionale, Israele ha anche abbattuto diversi droni lanciati dall’Iraq e dalla Siria, segnalando un aumento degli attacchi da parte di gruppi filo-iraniani. In risposta ai recenti raid, il primo ministro libanese ad interim, Najib Mikati, ha denunciato l’espansione delle operazioni israeliane in Libano e la mancanza di volontà di Israele di considerare un cessate il fuoco. Mikati ha sottolineato come l’intensificazione dei raid sembri indicare un «rifiuto da parte del nemico israeliano di tutti gli sforzi per garantire un cessate il fuoco».
Mentre la situazione in Libano si aggrava, gli Stati Uniti hanno intensificato gli sforzi diplomatici per facilitare un accordo. Gli inviati statunitensi Amos Hochstein e Brett McGurk hanno condotto una serie di incontri in Israele, dove hanno parlato con il primo ministro Netanyahu e altri funzionari di alto livello. L’emittente israeliana Kan ha riferito che i colloqui hanno prodotto risultati incoraggianti, riducendo significativamente le divergenze tra le parti in merito a un cessate il fuoco.
Parallelamente, il direttore del Mossad, David Barnea, ha assicurato che le trattative con Hamas sul rilascio di ostaggi israeliani a Gaza stanno progredendo. Secondo quanto riportato da fonti di intelligence israeliana, Hamas potrebbe accettare una tregua temporanea, proposta dall’Egitto, che prevede un cessate il fuoco iniziale di 48 ore. Durante questo periodo, il gruppo militante palestinese dovrebbe prepararsi a liberare alcuni ostaggi israeliani, per lo più persone vulnerabili come donne, anziani e malati. In cambio, Israele accetterebbe di rilasciare circa 100 prigionieri palestinesi. Questa tregua temporanea sarebbe solo il primo passo verso un possibile accordo di cessate il fuoco di più ampio respiro, che resterebbe comunque oggetto di negoziati futuri.
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