Israele, lockdown con polemica: “Netanyahu eviterà il suo processo”

Il governo di Israele ha annunciato, tramite il premier Benyamin Netanyahu, un nuovo lockdown di tre settimane a partire da venerdì 18 settembre, con la possibilità che sia esteso oltre. La decisione è arrivata al termine di una seduta straordinaria del governo. “Prevediamo che durerà almeno fino alla festa di Simchat Torah”, il 10 ottobre. In risposta a una domanda Netanyahu ha negato recisamente che il suo governo abbia fallito nel contenimento della pandemia. Inoltre il primo ministro ha precisato che questo provvedimento si è reso necessario dopo che negli ospedali era stata innalzata una “bandiera rossa” dovuta alla crescente pressione sulle equipe mediche. “In pochi giorni siamo passati da 30 a 80 città rosse, ha affermato.

Il lockdown sarebbe solo una ‘scusa’ per rimandare il processo di Netanyahu

In realtà, quello che si sospetta è che Netanyahu avrebbe accelerato questo scelta per evitare il processo in cui è imputato e che il nuovo lockdown, che non sarebbe così necessario, sarebbe quindi una scusa. Dal 24 maggio scorso, infatti, il premier di Israele siede sul banco degli imputati, accusato di corruzione, frode e abuso d’ufficio. Nel caso 1000, noto anche come “sigari e champagne”, Netanyahu deve difendersi dall’accusa di avere ottenuto regali per un valore di circa 200mila euro da parte di due miliardari stranieri in cambio di favori. Nel caso 2000 di aver avviato con l’editore del principale quotidiano israeliano, Yediot Ahronot, una trattativa (poi non andata in porto) per ottenere copertura mediatica positiva in cambio di una legge che avrebbe svantaggiato il principale concorrente, Israel Hayom, giornale filogovernativo distribuito gratuitamente.

Nel caso 4000, il più grave in quanto include l’accusa di corruzione, Netanyahu avrebbe negoziato con Shaul Elovich, azionista principale del gigante delle telecomunicazioni Bezeq, copertura positiva sul sito di informazione “Walla!” di sua proprietà, in cambio di politiche governative favorevoli all’azienda. È il primo premier in carica della storia del Paese ad affrontare un processo. In tutto questo continuano incessantemente le proteste in Israele contro Netanyahu. Per la dodicesima settimana consecutiva, infatti, migliaia di persone si sono riunite sotto la sua residenza invocandone le dimissioni. A queste si poi aggiunte quelle dei piccoli imprenditori, terrorizzati dal fatto che il nuovo stato di quarantena imposto li possa portare al fallimento.

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