Che l’Iran foraggi da anni Hamas è cosa nota. Che sia dietro all’attacco sferrato sabato scorso contro Israele dal movimento islamista che controlla la Striscia di Gaza sono in molti a sospettarlo, a cominciare dall’intelligence. A provare che Teheran abbia aiutato a pianificare e organizzare l’assalto ci sarebbero due incontri avvenuti a Beirut in Libano tra emissari del regime iraniano e membri di Hamas. Il primo lo scorso aprile e il secondo appena una settimana fa per dare il via libera, ricostruisce il Wall Street Journal sulla base di informazioni fornite da esponenti di peso dello stesso Hamas e di Hezbollah, il “Partito di dio” libanese.
Secondo il quotidiano americano, Teheran ha avuto un ruolo di primo piano sin dal mese di agosto. Da una parte del tavolo la delegazione delle Guardia della rivoluzione islamica, dall’altra i membri di quattro organizzazioni unite dall’avversione a Israele. Un piano che andrebbe oltre l’attacco di sabato e punterebbe a creare una tenaglia attorno a Israele: Hezbollah e il Fronte Popolare per la liberazione della Palestina da Nord, Hamas e la Jihad islamica da Gaza.
Le indiscrezioni riportate dal Wall Street Journal sono coerenti con la complessità di un attacco sofisticato, avvenuto congiuntamente via terra e via aria e che ha fatto ampio ricordo ai droni, come evidenziato da esperti e analisti militari.
Del resto lo stesso portavoce di movimento fondamentalista, Ghazi Hamad, dai microfoni della Bbc ha ringraziato l’Iran per il sostegno fornito ad Hamas. Teheran dal canto suo, attraverso il presidente Ebrahim Raisi, ha espresso “apprezzamento” e sostegno “alla resistenza e al popolo palestinese”, ritenendo “responsabili” dell’escalation “il regime sionista e i suoi sostenitori”.
Allo stesso tempo però la Repubblica islamica ha negato un coinvolgimento diretto nell’attacco. “Noi appoggiamo orgogliosamente e incondizionatamente la Palestina, tuttavia non siamo coinvolti nella risposta palestinese, che è stata condotta solo dai palestinesi”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanani, secondo il quale si è trattato di “una difesa pienamente legittima contro i crimini e le usurpazione dell’illegittimo regime sionista”. Il funzionario ha anche avvertito che gli Ayatollah sono pronti a rispondere in modo “distruttivo” a eventuali “mosse stupide” da parte di Israele o degli Stati Uniti.
Proprio da Washington per ora si mantiene la cautela. Se lo Stato ebraico non ha esitato ad accusare l’Iran di complicità e coinvolgimento sin dalle prime ore, gli Usa hanno mantenuto un approccio più prudente. “Non ci sono prove del diretto coinvolgimento dell’Iran”, ha detto il segretario di Stato americano Antony Blinken alla Cnn. “Ma c’è sicuramente un rapporto consolidato” tra Teheran e Hamas.
Dopo anni spesi a foraggiare le Brigate Ezzedine al Qassam, il braccio militare di Hamas, con fondi, armi e tecnologia per produrre missili, gli ayatollah iraniani devono aver pensato che tutti i nodi fossero giunti al pettine e che il contesto fosse propizio per lanciare l’attacco contro lo Stato ebraico, infiacchito da mesi di proteste a causa della controversa riforma della giustizia voluta dal governo guidato da Benjamin Netanyahu.
Senza contare il “disgelo” in atto in Medio Oriente tra Arabia Saudita e il “nemico sionista”. Dopo l’assalto sferrato sabato scorso, l’ipotesi di un avvio delle relazioni diplomatiche tra Tel Aviv e Riad sembra desinata a finire in cantina.
Sul terreno il conflitto prosegue, con gli scontri tra i miliziani di Hamas e l’esercito israeliano nel sud del Paese. Il governo intanto ha dichiarato lo stato di guerra e si prepara a un conflitto di lunga durata, compresa la probabile operazione di terra nella Striscia di Gaza. Il bilancio delle vittime è salito a 800. I feriti sono 2.500, moltissimi gravi. I dispersi avrebbero raggiunto quota 750.
Mentre l’esercito israeliano è ancora impegnato a bonificare il Sud del Paese dai miliziani, si stima siano oltre cento gli ostaggi nelle mani di Hamsa, inclusi americani e tedeschi. L’esercito ha costituito un centro per il coordinamento di dispersi e rapiti, mentre la polizia ha invitato le famiglie a portare un campione di Dna dei loro cari per assisterne l’identificazione.
Come era prevedibile a pagare il prezzo dell’attacco di Hamas sono soprattutto i civili palestinesi che vivono, sotto assedio, nella Striscia di Gaza. Secondo quanto dichiarato dal ministero della Sanità, gli attacchi aerei e i bombardamenti di artiglieria lanciati da Israele in rappresaglia avrebbero causato per ora la morte di 560, persone. I feriti sarebbero quasi 3mila.
Nelle prime ore del pomeriggio gli aerei israeliani hanno bombardato il mercato ortofrutticolo di Jabalya, nel nord della Striscia, in quel momento molto affollato. Fonti dell’ospedale di Gaza hanno riferito di oltre 50 morti.
Come se non bastasse il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha ordinato “l’assedio completo” del territorio grande appena 365 chilometri quadrati: “Non ci sarà elettricità, né cibo, né benzina. Tutto è chiuso. Stiamo combattendo animali umani e ci comporteremo di conseguenza”. Le Nazioni Unite contano più di 200mila sfollati interni
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