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MONDO

Israele-Hamas, i Paesi che mettono al bando le manifestazioni pro Palestina

Dal Regno Unito alla Francia passando per Austria e Germania, si moltiplicano i Paesi che nelle ultime ore hanno messo al bando le manifestazioni pro Palestina. Dopo l’offensiva lanciata lo scorso sabato da Hamas contro Israele, in molte città è cresciuta l’allerta e sono state innalzate le misure di sicurezza per prevenire episodi di violenza e intolleranza nei confronti delle comunità ebraiche.

Regno Unito, scattano i primi arresti

Tra i primi a intervenire in questo senso, la Gran Bretagna ha diramato una lettera ai capi della polizia di Inghilterra e Galles per esortare gli agenti a usare “tutta la forza della legge” contro le manifestazioni di sostegno al movimento islamista che controlla la Striscia di Gaza dal 2007.

In un momento in cui i terroristi di Hamas massacrano civili e prendono in ostaggio i più vulnerabili (compresi anziani, donne e bambini), possiamo tutti riconoscere l’effetto straziante che l’esposizione dei loro loghi e delle bandiere può avere sulle comunità”, ha scritto la ministra dell’Interno Suella Braverman, convinta che ci sia “un rischio evidente” che come già accaduto in passato le tensioni in Medio Oriente vengano sfruttate “come pretesto per fomentare l’odio contro gli ebrei britannici”.

Dunque “potrebbe violare la legge“, ovvero l’ordine pubblico, chi brandisce i vessilli palestinesi “se lo fa per mostrare sostegno al terrore”. Stesso discorso per i simboli pro Hamas e gli slogan anti-israeliani. Il Regno Unito considera Hamas un’organizzazione terroristica, così come l’Ue e gli Stati Uniti.

I primi provvedimenti sono già scattati a Manchester, dove sono state arrestate quattro persone nel corso di una manifestazione perché le loro azioni “avevano il potenziale di causare disordini in un evento altrimenti pacifico“, ha spiegato la polizia. “Non sono stati arrestati per aver sostenuto la Palestina“, hanno precisato.

In Francia, Germania e Austria stop alle manifestazione pro Palestina

Attraversando la Manica, in Francia il ministro degli Interni francese Gérald Darmanin ha vietato le manifestazioni a sostegno della Palestina che erano in programma a Parigi, Marsiglia e Lione per ragioni di “ordine pubblico”.

Stesso discorso in Germania, dove la polizia ha vietato una manifestazione prevista ieri a Berlino, temendo l’ostentazione di simboli e slogan anti-semiti e l’apologia della violenza, che possono “minacciare la sicurezza e l’ordine pubblico”.

Manifestazione a Vienna | Foto EPA/CHRISTIAN BRUNA – Newsby.it

Oggi invece il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato la messa al bando del gruppo filo-palestinese Samidoun, perché i suoi membri hanno celebrato il “terrore” di Hamas tra le strade della Germania, ha detto alludendo alle foto condivise dall’organizzazione (un “network in solidarietà con i prigionieri palestinesi”) pochi giorni fa su Instagram che mostrano alcuni attivisti distribuire dolci nella capitale inneggiando all’offensiva lanciata dal movimento islamista contro Israele.

Oltre confine, l‘Austria segue la stessa linea. La polizia di Vienna ha vietato una manifestazione pro-palestinese, stigmatizzando lo slogan impiegato per pubblicizzare la protesta, ritenuto un incitamento alla violenza, ovvero “Dal fiume al mare: la Palestina sarà libera”, un canto dell’Olp, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina.

Usa, il caso dell’università di Harvard

Oltreoceano, le università americane sono finite al centro della bufera, a cominciare da Harvard, dopo che decine di gruppi studenteschi (incluso Amnesty International at Harvard) hanno firmato un lettera aperta con cui si addita il “regime di Israele totalmente responsabile di tutte le violenze” perpetrate in “vent’anni di apartheid a Gaza”.

Una presa di posizione duramente criticata dentro e fuori dal prestigioso ateneo americano. Prima fra tutte quella l’ex ministro del Tesoro democratico Larry Summers, già presidente e docente ad Harvard.

Altre università sono finite al centro delle polemiche per non aver assunto una netta posizione di condanna nei confronti di Hamas. È il caso della Vanderbilt, in Tennessee, dove il rettore è stato messo sulla graticola per una dichiarzione ritenuta troppo neutrale.

Australia, annullata manifestazione a Sydney

Emisfero diverso, stesse ricette. Anche l’Australia mette al bando le manifestazione pro Palestina. Nel Nuovo Galles del Sud, il primo ministro Chris Minns ha vietato un corteo in programma a Sidney dopo che lunedì scorso si è scatenato il caos fuori dal Teatro dell’Opera, dove era in corso una cerimonia per le vittime israeliane, con centinaia di manifestanti che hanno intonato slogan offensivi contro la comunità ebraica. Gli organizzatori dell’evento pro-palestinese hanno dimostrato di “non essere pacifici”, ha tagliato corto Minns.

E l’Italia?

E l’Italia che fa? Roma per ora non pare intenzionata a bandire le manifestazioni, che in questi giorni sono state numerose, da nord a sud. Allo stesso tempo il ministero dell’Interno ha disposto “l’innalzamento del livello di attenzione verso ogni possibile obiettivo e un rafforzamento delle misure di prevenzione sul territorio”. Osservati speciali sono i luoghi ritenuti “sensibili”, come sinagoghe e ambasciate ma non solo. Al Viminale tengono in considerazione anche le azioni di “lupi solitari” e la propaganda per fare proseliti sul web e nelle carceri.

Federica Giovannetti

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