Un attacco hacker ha colpito il gruppo editoriale statunitense News Corp mettendo nel mirino i dati sensibili e i contatti di un numero imprecisato di giornalisti. Il primo a riportare la notizia è stato il Wall Street Journal, uno dei periodici pubblicati proprio dall’azienda. Secondo la compagnia, l’indiziata n.1 del cyberattacco sarebbe la Cina.
News Corp ha reso noto che la scoperta della “breccia” virtuale risale a fine gennaio e riguarderebbe indirizzi e-mail e documenti di un numero limitato di impiegati, cronisti compresi. Il danno avrebbe potuto essere ancora più grave, però, se non fosse stato per l’intervento dell’azienda di cybersecurity Mandiant, scrive l’agenzia Reuters.
Il vicepresidente di Mandiant, David Wong, ritiene che gli autori dell’attacco “hanno un nesso con la Cina” e che sono “collegati ad attività di spionaggio” mirate a rafforzare gli interessi cinesi. Al momento, l’ambasciata cinese negli Usa non ha commentato la notizia nonostante le richieste dei media statunitensi.
Non è la prima volta che gli Usa accusano Pechino di aver commissionato attacchi hacker contro i giornalisti americani, anche all’estero. Nel 2013, ad esempio, erano finiti nel mirino i pc di 53 dipendenti del New York Times. Secondo il quotidiano si sarebbe trattato della “risposta” cinese alle indagini dei suoi cronisti sulle ricchezze accumulate dall’allora primo ministro Wen Jiabao.
La notizia dell’attacco hacker odierno arriva peraltro nel giorno in cui si sono aperte le Olimpiadi invernali di Pechino 2022. I Giochi rischiano così di trasformarsi in un terreno di scontro politico, dove a rimetterci è ancora una volta la libertà di stampa.
Come scrive il Washington Post, infatti, i cronisti impegnati nel coprire l’evento e i corrispondenti della stampa estera in Cina preferiscono utilizzare telefoni e computer usa e getta per il loro lavoro. La preoccupazione, infatti, è quella di essere intercettati.
Pechino ha inoltre imposto delle strette limitazioni alla libertà dei cronisti stranieri. Secondo le autorità locali, il motivo sarebbero legato alle cautele per evitare la diffusione del Covid-19 nel Paese. Secondo i giornalisti, invece, si tratterebbe dell’ennesimo tentativo di “sopprimere” – o quantomeno controllare – il giornalismo libero e indipendente.
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