Negli ultimi giorni si stanno intensificando sempre di più gli appelli nei confronti di Papa Francesco affinché possa operare concretamente per una soluzione pacifica nella guerra in Ucraina. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato Serhiv Volyna, il maggiore comandante della 36esima brigata dei Marines ucraini. In una lettera rivolta direttamente al Pontefice, Volyna (che non è cattolico, bensì ortodosso) gli chiede di portare “la verità nel mondo” e di aiutare “a evacuare le persone” per “salvare le loro vite dalle mani di Satana, che vuole bruciare tutti gli esseri viventi”. Già: ma quali possono essere i gesti politici concreti che può compiere Francesco per contribuire a un cessate il fuoco nel territorio ucraino? Può essere un mediatore per i russi?
Il ruolo del Papa è cambiato soprattutto nell’ultimo mese della guerra in Ucraina, se guardiamo alla sequenza degli Angelus. Neutrale nel primo, quello del 27 febbraio, quando pensava di avere uno spazio di mediazione. Poi, evidentemente, questo spazio non c’è stato in termini di corrispondenza da parte di Mosca e quindi il Vaticano ha alzato progressivamente il tiro. Ha detto le tre cose che Vladimir Putin non voleva sentirsi dire soprattutto dalla finestra di San Pietro. “Questa non è un’operazione militare speciale, ma è un guerra” (6 marzo). “È un’aggressione, non è un’operazione difensiva” (20 marzo). “È un’invasione di territorio altrui” (27 marzo). Per finire, a Malta il 3 aprile, con un attacco personale a Putin: “Il potente anacronistico tristemente rinchiuso in pretese nazionaliste di altri tempi”.
Ma alla fine Papa Francesco andrà in Ucraina? Piero Schiavazzi, docente di Geopolitica Vaticana alla Link Campus University, spiega come il dramma interiore del Papa, in questo momento, sia racchiuso in due espressioni che ha utilizzato: “Stiamo valutando se conviene e se devo. Dal punto di vista strategico, probabilmente non conviene. Potrebbe essere ininfluente, forse addirittura controproducente. Se devo, è il punto di vista della strada. Che cosa si aspetta la gente a Kiev e a Mariupol? Che vada”. Andare in Ucraina sarebbe un ulteriore schieramento. Tenendo anche conto che Putin ha avuto sempre un rapporto di grande fiducia e di grande stima nei confronti di Francesco, perché lo considerava un personaggio di tale levatura che avrebbe potuto costruire un dialogo con chiunque.
Probabilmente un viaggio non serve a fare la pace, ma serve a fare da scudo. Per quanto simbolico. Come fece Leone con Attila. Di quella immagine, che sia leggenda o che sia vera, si è nutrito per 1.500 anni l’immaginario dell’Occidente. Tant’è che Raffaello l’ha immortalata negli appartamenti del Papa. E i Papi si sono sempre confrontati con Leone che ferma Attila. Secondo la leggenda, la miracolosa apparizione di San Pietro e di San Paolo armati di spada durante l’incontro tra Papa Leone Magno e Attila (452 d.C.) fece desistere il re degli Unni dal desiderio di invadere l’Italia e marciare su Roma. In tempi di guerra, l’ispirazione dell’arte potrebbe anche aiutare ad assumere delle scelte geopolitiche importanti.
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