L’era post-Merkel sta ormai per cominciare: il nuovo governo politico in Germania è ormai alle porte. La coalizione semaforo ha trovato un accordo. I leader di Spd, Grüne e Fdp hanno illustrato i punti principali del contratto di governo. Olaf Scholz dovrebbe giurare come nuovo cancelliere tedesco per succedere ad Angela Merkel nel Bundestag intorno al prossimo 6 dicembre. La domanda che ci pone ora è: che ruolo potrà ritagliarsi l’Italia (e in particolare Mario Draghi) in Europa?
L’incertezza politica in cui era piombata la Germania dopo il voto per il nuovo governo di due mesi fa aveva acceso un tormentone tutto italiano: Mario Draghi alla guida dell’Europa insieme a Emmanuel Macron al posto di Angela Merkel. Almeno nei prossimi mesi di interregno tra l’era della cancelliera e quello che verrà. L’idea è accattivante ma rischia di fermarsi là. Il “limite” di Draghi, personalità conosciuta e stimata a livello internazionale, è che è italiano. È alla guida di un Paese che al massimo può guidare la battaglia per la revisione delle regole fiscali del Patto di stabilità. Elemento non da poco, certo. E del resto l’Italia ha guadagnato in standing internazionale da quando l’ex presidente della Bce guida il governo. Ma è concetto ben diversa dall’avere un peso specifico nelle scelte strategiche.
L’Italia non è ‘pesante’ nella geopolitica del continente e globale. Di certo Draghi lo sa, visto che non ha mai dato adito alle voci che corrono su di lui, da quelle che lo vogliono al Quirinale o ancora al governo, fino a quelle che lo indicano come il successore di Merkel, come il più adatto a raccogliere il testimone della cancelliera. Rappresenta un Paese con un’economia appesantita da un debito pubblico che già prima della pandemia era ben oltre il 100% del pil, un sistema da riformare da tempo come chiede Bruxelles.
Insomma: l’Italia viaggia lenta. La velleità di poter guidare l’Europa resta tale nelle condizioni date, persino con un ‘asso’ come Draghi. Magari potrà succedere in futuro, se davvero, da qui al 2026, il paese farà tesoro dei 191,5 miliardi di euro del Next Generation Eu (più i fondi nazionali, oltre 200 miliardi di euro) e ne uscirà con un sistema totalmente trasformato, competitivo e con disuguaglianze ridotte. Ma per ora il tormentone è destinato a restare una chiacchiera italiana: per questioni economiche, storiche e anche per una condizione geografica di periferia rispetto al centro d’Europa, affacciata com’è sul Mediterraneo.
Qualche mese fa il vicepresidente della Commissione Europea Margaritis Schinas aveva dichiarato che per riprendere in mano il dossier sull’accoglienza dei migranti da parte dei Paesi dell’Ue si sarebbe dovuto aspettare non solo il nuovo governo tedesco, ma anche le elezioni presidenziali in Francia nella primavera dell’anno prossimo. Ennesima conferma che senza il motore franco-tedesco l’Unione Europea non si muove e certe volte nemmeno quello è sufficiente, l’immigrazione è l’esempio tipico di questo immobilismo. E poi “Merkel giocherà il suo ruolo fino all’ultimo momento”, in attesa dell’incarico al nuovo cancelliere, sottolineavano fonti diplomatiche a Bruxelles. “Questo è il messaggio che arriva da Berlino: l’Europa non resterà nel limbo, non c’è questa preoccupazione”.
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