Stati Uniti e Giordania hanno usato gli aerei per consegnare 38mila pasti in una missione congiunta, come è andata?
Sabato 2 marzo 2024 l’aviazione degli Stati Uniti e quella della Giordania hanno paracadutato aiuti umanitari sulla Striscia di Gaza in un’operazione congiunta.
Il giorno precedente il presidente statunitense Joe Biden aveva annunciato che il paese avrebbe iniziato a usare gli aerei per consegnare gli aiuti: è una modalità già usata dalla Giordania e in misura minore anche da Francia, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Regno Unito.
Il Centcom, l’unità del dipartimento della Difesa statunitense che si occupa delle operazioni militari in Medio Oriente, ha scritto su X (ex Twitter) che gli Stati Uniti hanno paracadutato 38mila pasti sulla costa di Gaza e di stare pianificando ulteriori lanci.
Sia la Giordania che gli Stati Uniti hanno usato aerei militari C-130: nei pacchi paracadutati non erano inclusi acqua o medicinali, ma solo cibo.
La Giordania ha lanciato gli aiuti nel nord della Striscia, un territorio particolarmente difficile da raggiungere via terra dai camion di aiuti, mentre gli Stati Uniti li hanno lanciati nel sudovest.
Un funzionario degli Stati Uniti ha detto al Guardian che il luogo del lancio è stato scelto in modo tale che gli aiuti possano essere recuperati in maniera sicura dai civili.
La scelta di paracadutare gli aiuti è stata però abbastanza criticata da molte organizzazioni umanitarie. Consegnare aiuti via aereo è molto inefficiente e costoso: ogni aereo può portare il carico di alcuni camion, ma consuma molto più carburante e richiede molto più personale.
Secondo i critici sono risorse che potrebbero essere usate per consegnare maggiori quantità di aiuti via terra e molti inoltre hanno criticato gli Stati Uniti per non aver usato la loro influenza su Israele, di cui sono il principale alleato e fornitore di armi, per aumentare l’ingresso degli aiuti via terra.
Questa modalità è quella con cui finora è entrata la maggior parte degli aiuti nella Striscia di Gaza. Il loro ingresso però ha subito una serie di difficoltà: fra questi la chiusura dei confini della Striscia (sono aperti solo due varchi, uno verso l’Egitto, a Rafah, e uno verso Israele, a Kerem Shalom), i lunghi controlli che Israele fa su ogni camion che entra, la mancanza di autisti e gli attacchi subiti dai convogli umanitari da parte di bande armate che si impossessano degli aiuti.
Dal primo al 27 febbraio a Gaza sono entrati solo 96 camion di aiuti al giorno, il 30 per cento in meno rispetto a quelli entrati a gennaio: prima dell’inizio della guerra tra Israele e Hamas, lo scorso 7 ottobre, ogni giorno ne entravano 500.
Le organizzazioni umanitarie segnalano che quasi tutti gli ospedali del territorio non hanno più forniture mediche o carburante per funzionare, e che moltissime persone soffrono la fame da mesi: secondo le Nazioni Unite un quarto dei 2,3 milioni di abitanti della Striscia rischia di morire di fame.
La situazione è particolarmente difficile nel nord della Striscia, dove si trova la città di Gaza e dove vivono circa 300mila persone.
Da settimane molte organizzazioni umanitarie non riescono più a consegnare aiuti, perché la parte settentrionale della strada che collega questa zona ai varchi di confine dove entrano gli aiuti, a sud, è diventata troppo pericolosa.
Giovedì più di cento palestinesi sono stati uccisi mentre cercavano di ricevere aiuti da uno dei pochi convogli umanitari arrivati nelle ultime settimane: secondo molte testimonianze e le autorità palestinesi, controllate da Hamas, sono stati uccisi da soldati israeliani. Secondo Israele invece sarebbero morti quasi tutti nella calca creatasi attorno ai convogli.
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