L’Idf ha annunciato la morte di Ahmed Wadiyya, assassinato con un attacco aereo perpetrato vicino all’ospedale al-Ahli a Gaza City, dove altri otto miliziani avrebbero perso lavita
Questa mattina, l’esercito israeliano (IDF) ha confermato di aver ucciso Ahmed Wadiyya, il comandante delle forze d’élite Nukhba di Hamas, noto per aver guidato una delle operazioni più sanguinarie del 7 ottobre, quella all’interno del moshav di Netiv Ha’asara, situato nel sud di Israele, . Wadiyya è stato eliminato in un attacco aereo vicino all’ospedale al-Ahli di Gaza City, dove sono morti anche altri otto membri di Hamas.
Il raid del 7 ottobre 2023 a Netiv Ha’asara è stato ha visto come triste protagonista Ahmed Wadiyya, comandante delle forze d’élite Nukhba di Hamas, è una delle menti del terribile attacco culminato nel massacro di 21 residenti e nel rapimento di uno di loro. Nel corso dell’attacco, Wadiyya e il suo gruppo hanno assassinato i residenti senza pietà, portando terrore e devastazione in una comunità che fino a quel momento era rimasta relativamente al di fuori del conflitto. Una delle scene più orribili è stata filmata e mostrata al mondo: Wadiyya, dopo aver ucciso il capofamiglia Gil Taasa, ha aperto il frigorifero della casa dell’uomo e bevuto una lattina di Coca Cola mentre i due figli del pompiere, Koren e Shay, erano costretti a osservare. Questo gesto di crudeltà e cinismo ha reso Wadiyya uno dei nemici pubblici più ricercati e odiati di Israele.
Gil Taasa, un pompiere di 46 anni che lavorava alla stazione di Ashkelon, si trovava a casa il 7 ottobre con i suoi due figli più piccoli, Koren, di 12 anni, e Shay, di 8 anni. Il figlio maggiore, Or, di 17 anni, era uscito quella mattina presto per andare a pescare con gli amici sulla spiaggia di Zikim, dove fu assassinato dai terroristi durante l’assalto. Quando l’attacco di Hamas ha raggiunto la casa di Taasa, Gil ha reagito. Armato di pistola, ha sparato ai terroristi finché non ha esaurito i proiettili, cercando di difendere i suoi figli. Poi si è barricato con loro in una stanza-rifugio nella casa, sperando di proteggerli fino all’arrivo dei soccorsi. Tuttavia, Wadiyya e i suoi uomini erano preparati a questa evenienza. Hanno lanciato una granata nel rifugio, e Gil Taasa, comprendendo l’imminente pericolo per la vita dei suoi figli, ha preso una decisione disperata: si è gettato sulla granata per assorbirne l’esplosione e salvare i suoi bambini.
Koren Taasa, raccontando l’accaduto alla televisione israeliana Kan, ha descritto il dramma che ha vissuto. “Papà ha deciso di salvarci ed è saltato sulla granata… c’è stata un’esplosione, ho visto del fumo, all’improvviso eravamo coperti di sangue”, ha detto il ragazzo, con le parole che hanno rivelato l’orrore e la disperazione di quel momento. Dopo la morte di Gil, i terroristi hanno verificato che fosse effettivamente deceduto e, soddisfatti, hanno continuato a terrorizzare la famiglia. Ahmed Wadiyya si è servito di una lattina di Coca Cola dal frigorifero prima di lasciare la casa, con un gesto che è rimasto tristemente celebre.
L’attacco a Netiv Ha’asara non è stato un episodio isolato, ma parte di una serie di azioni violente che hanno caratterizzato la tragica giornata del 7 ottobre 2023. Da quel momento le tensioni in Medio Oriente hanno subito una fortissima escalation, con Israele che ha dato il via a una immediata reazione, e a distasnza di quasi anno, a colpire proprio Ahmed Wadiyya, al termine di uno dei numerosi attacchi mirati condotti a la capacità operativa del gruppo terroristico. La notizia della morte di Wadiyya è stata accolta con una certa soddisfazione in Israele, dove la memoria del massacro di Netiv Ha’asara è ancora fresca. Il comandante di Hamas era diventato un simbolo di crudeltà e violenza.
Nel frattempo, in Israele continuano le manifestazioni di protesta contro la gestione del caso degli ostaggi da parte di Benjamin Netanyahu. Previste in questi giorni numerose dimostrazioni in tutto il Paese, organizzate dal Forum delle famiglie degli ostaggi e dei dispersi. A Tel Aviv, il raduno principale si è svolto nella giornata del 3 settembre dalle ore 19, con una grande manifestazione guidata dai familiari delle persone sequestrate il 7 ottobre scorso durante l’attacco in Israele e attualmente detenute nella Striscia di Gaza. L’opinione pubblica israeliana sta pressando il governo affinché negozi con Hamas per ottenere la liberazione degli ostaggi rimasti.
Attualmente, si stima che 97 israeliani siano ancora nelle mani dei terroristi e di altre fazioni palestinesi dopo l’attacco ai kibbutz del 7 ottobre. Dei 251 rapiti inizialmente, almeno 33 sono stati confermati morti dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) durante i quasi 11 mesi di prigionia. Inoltre, 35 delle vittime, comprese 10 soldati, erano già stati trasportati morti a Gaza dai miliziani di Hamas. Secondo le autorità di Tel Aviv, gli ostaggi ancora vivi sono 64: 57 israeliani, alcuni dei quali con doppia cittadinanza, sei thailandesi e un nepalese. Tra di loro ci sono 52 uomini, 10 donne e due minori, con 11 membri dell’esercito, di cui cinque sono donne.
Benjamin Netanyahu ha ordinato all’IDF di prepararsi a subentrare alle organizzazioni internazionali per la distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza, se necessario. Il primo ministro israeliano ha chiesto un’analisi della logistica, dei meccanismi operativi e del personale necessari, ma il capo di stato maggiore Herzi Halevi si è opposto a questa misura. L’IDF ha stimato che un controllo militare completo di Gaza costerebbe 11 miliardi di dollari all’anno. Nel frattempo, gli Stati Uniti, tramite il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller, hanno esortato a finalizzare l’accordo per un cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, sottolineando che una presenza a lungo termine di Israele a Gaza non è auspicabile.
Per quanto riguarda il rilascio degli ostaggi però, Hamas ha fatto sapere che questi torneranno in Israele «dentro le bare» se la pressione militare continuerà, avvertendo che sono state date nuove istruzioni ai militanti che sorvegliano i prigionieri nel caso in cui le truppe israeliane dovessero avvicinarsi. La milizia islamica ha poi ammonito il premier israeliano: «Netanyahu insiste nel voler liberare i prigionieri attraverso la pressione militare invece di concludere un accordo, il che significherà che torneranno dalle loro famiglie dentro le bare», ha affermato Abu Obeida, portavoce delle Brigate Ezzedine Al-Qassam.
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