Con la morte di Saleh al-Arouri, eliminato ieri da Israele alla periferia di Beirut, Hamas perde una figura chiave, un anello di congiunzione con Hezbollah in Libano, Iran e Turchia. Il numero due dell’organizzazione palestinese è stato ucciso con un drone. Un raid mirato in cui avrebbero perso la vita altri alti funzionari militari, incluso Kalil Al Hayya, pure lui membro del politburo di Hamas.
L’uccisione di al-Arouri nell’immediato rischia di accendere la miccia della tensione tra Israele e Libano, finora contenuta lungo il confine, allargando il conflitto all’intera regione. Rovescia il tavolo della diplomazia dietro le quinte. E sembra destinato, almeno per il momento, a ipotecare i negoziati per la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Fonti diplomatiche arabe, citate dal quotidiano Haartez, fanno sapere che “la situazione è cambiata” e i colloqui sono interrotti.
Nato 58 anni fa nel villaggio di Aroura, vicino a Ramallah, in Cisgiordania, il numero due dell’ufficio politico di Hamas ha trascorso complessivamente una dozzina di anni nelle carceri israeliane, prima di essere liberato nell’aprile del 2010, stabilirsi in Turchia, poi in Qatar e quindi in Libano. Era fra gli interlocutori privilegiati del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, e viveva a Beirut dal 2018. Da lì svolgeva la funzione di collegamento tra la diaspora e la leadership all’interno della Striscia e in particolare con Yahia Sinwar, il capo di Hamas a Gaza, e Mohammed Deif, stratega delle Brigate Ezzedine al Qassam, il braccio armato del movimento palestinese.
Era da tempo nella lista nera di Tel Aviv. Il premier israeliano Benjamyn Netanyahu ha promesso che sarebbe stata una caccia senza confini quella ai leader di Hamas. Non a caso ha evocato una “nuova Monaco”, alludendo alla lunga vendetta di Golda Meier contro i presunti autori della strage alle Olimpiadi del 1972. Solo lo scorso 31 ottobre, l’esercito israeliano ha fatto esplodere la sua casa nel villaggio natio.
Sarebbe lui il mandante di numerose operazioni militari contro lo Stato ebraico, inclusa la pioggia di razzi partita nello scorso aprile dal sud del Libano. Era anche uno dei principali negoziatori del dossier per la liberazione degli ostaggi. “I prigionieri che restano nelle nostre mani sono soldati ed ex soldati e non ci saranno negoziati su di loro prima della fine delle ostilità”, aveva dichiarato lo scorso 2 dicembre in un’intervista all’emittente del Qatar al-Jazeera.
La tensione in Medio Oriente è montata dopo il raid di Israele in cui sono state uccise almeno altre 6 persone mentre in 11 sono rimaste ferite. Dal Qatar il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ha parlato di “un atto terroristico totale, una violazione della sovranità del Libano e un’espansione della sua aggressione contro il nostro popolo e la nostra nazione”. La morte di al-Arouri, ha garantito, “non fermerà la rivoluzione palestinese”.
Gli ha fatto eco Ezzat al-Rishq, membro dell’ufficio politico del movimento. “I codardi omicidi compiuti dall’occupante sionista contro i leader e i simboli del nostro popolo palestinese dentro e fuori la Palestina non riusciranno a spezzare la volontà e la resistenza del nostro popolo, né a ostacolare la continuazione della sua coraggiosa resistenza”. La Jihad islamica dal canto suo ha promesso vendetta contro Israele: “Pagherà il prezzo dei suoi crimini”.
In Libano il premier Najib Mikati ha condannato il raid, che rischia di “trascinare” il Paese in guerra, mentre Hezbollah ha definito il raid “un’aggressione contro il Libano, il suo popolo, la sua sicurezza, la sua sovranità e la sua resistenza” oltreché “uno sviluppo pericoloso della guerra”. Per questo il movimento sciita ha garantito che “l’assassinio” di al-Arouri “non resterà impunito: le nostre dita sono sul grilletto”. Già nella serata di ieri i miliziani del “partito di dio” hanno lanciato due missili anticarro contro le postazioni dell’esercito israeliano vicino al confine.
Da Teheran il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha “condannato l’assassinio da parte dell’entità sionista” di Saleh al-Arouri, ”uno dei più importanti combattenti della resistenza palestinese” che ”difendeva i diritti del suo popolo”.
Il colpo inferto ai vertici di Hamas ha avuti riverberi anche in Turchia dove al-Aruori era di casa. Ieri sono stati arrestati oltre trenta presunti “collaboratori” sospettati di “spionaggio” a favore del Mossad, i servizi segreti israeliani.
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