Saif al-Islam Gheddafi, figlio dell’ex leader libico Muammar Gheddafi, si è registrato come candidato presidenziale per le elezioni che si terranno il prossimo 24 dicembre.
Le fotografie distribuite sui social media lo mostrano con la barba grigia e un tradizionale abito marrone e turbante, mentre firma documenti presso il centro di registrazione nella città meridionale di Sebha.
Gheddafi è una delle figure più importanti che dovrebbe candidarsi alla presidenza. La lista delle nomine include anche il comandante orientale rinnegato Khalifa Haftar, il primo ministro Abdul Hamid Dbeibah e la presidentessa del parlamento Aguila Saleh.
Il ritorno di Gheddafi, dopo anni di esilio, ha diviso nettamente l’opinione pubblica in Libia. Eppure c’è poca sorpresa per la sua offerta di leadership, poiché è stato ripetutamente pubblicizzato come un contendente per anni.
Nonostante non detenesse alcuna posizione ufficiale nel governo libico, Saif al-Islam è stato a lungo considerato la figura più influente del Paese dopo suo padre.
Educato alla London School of Economics (parla correntemente inglese), Saif al-Islam Gheddafi è stato visto da molti governi come il volto accettabile e occidentale della Libia.
Ma quando nel 2011 scoppiò la rivolta contro il lungo governo del padre, il secondogenito Saif al-Islam scelse immediatamente la fedeltà alla famiglia e al clan rispetto alle sue numerose amicizie in Occidente. “Noi combattiamo qui in Libia; moriamo qui in Libia” affermò all’epoca.
All’indomani della brutale fine di Muammar Gheddafi, Saif al-Islam Gheddafi è stato lui stesso catturato da una milizia. Dopo essere stato trattenuto per sei anni, venne condannato a morte, sentenza che poi venne annullata. Gheddafi è ancora ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra, ma è gradualmente riemerso sulla scena pubblica.
Saif al-Islam Gheddafi rimane una sorta di incognita per molti libici, avendo trascorso l’ultimo decennio fuori dalla vista del pubblico dalla sua cattura nel 2011.
Ha rilasciato un’intervista al New York Times all’inizio di quest’anno, ma non è ancora apparso in pubblico parlando direttamente alla popolazione.
I ricordi in Libia sono probabilmente ancora troppo crudi per vincere la presidenza, sottolinea la BBC. Tuttavia la sua candidatura potrebbe complicare ulteriormente il già fragile processo elettorale.
Dopo anni di guerra civile e potenze rivali che operano nell’est e nell’ovest del Paese, la Libia è attualmente guidata da un governo ad interim, ma rimane politicamente instabile. Le elezioni sono considerate un momento chiave in un processo di pace sostenuto dalle Nazioni Unite per porre fine a un decennio di caos violento.
I leader di Francia, Italia, Germania e Usa, riuniti a Parigi hanno deciso di sanzionare coloro che interromperanno o impediranno il voto. Allo scopo di incoraggiare elezioni quanto più libere e trasparenti possibili.
Nonostante il sostegno pubblico della maggior parte delle fazioni libiche e delle potenze straniere alle elezioni del 24 dicembre, il voto è ancora in dubbio poiché le entità rivali litigano sulle regole e sul programma.
Le discussioni sulle elezioni minacciano di disfare un più ampio processo di pace, che include anche sforzi per unificare istituzioni statali a lungo divise. Oltre che per ritirare i mercenari stranieri che rimangono trincerati lungo le linee del fronte nonostante un cessate il fuoco.
I voti per un nuovo presidente e parlamento sono ancora in dubbio a sei settimane dalle elezioni. Al centro delle controversie, le regole alla base del programma elettorale e su chi può candidarsi.
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